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L'ultimo Pulcinella

Regia di Maurizio Scaparro vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo Pulcinella

di FilmTv Rivista
8 stelle

Presentato in chiusura del Festival Internazionale del Film di Roma, L’ultimo Pulcinella di Maurizio Scaparro è stato visto da pochi e amato ancor meno. Costruito intorno a un’intuizione di Roberto Rossellini - Pulcinella lascia Napoli in cerca di nuova fortuna - il film di Scaparro è il segno tangibile di una «certa idea di cinema italiano» che resiste intonando la sua canzone autunnale. Massimo Ranieri interpreta un anziano attore, carico di memoria e tradizione, che nella sua città non trova più un palco per esibirsi. In rotta con la ex moglie, segue il figlio a Parigi quando questi lo abbandona senza nemmeno salutarlo. Nella capitale francese ritrova un amico e insieme decidono di rimettere in piedi un teatro malandato situato nel cuore di un quartiere periferico e multi-etnico. L’ingenua (eppure quanto necessaria!) utopia di Pulcinella cantore degli ultimi, cuore di tutti i ritmi e voce dei senza voce, penetra nella carne di Massimo Ranieri come in un rito di possessione: l’attore indossa letteralmente il film di Scaparro e ne fa esplodere la commozione non appena leva la sua voce in canto. Pulcinella, squatter dell’ultimo teatro che lo accoglie, si offre come un corpo nomade e cangiante, barriera umana contro il montare della violenza. «Salutam’ a soreta!», ringhia sfottente Ranieri allo sbirro in tenuta antisommossa interpretato da Georges Corraface. E sembra di sentire un Eastwood dei bassi. L’ultimo Pulcinella sogna Napoli nelle banlieue; sradica la città alle falde del Vesuvio e la rimette in scena come assenza. Una dichiarazione d’amore e di resistenza d’emozione pura. Napoli ha tradito Pulcinella ma Pulcinella non tradisce e s’inventa un’altra Napoli. Una Napoli in esilio. Il film di Scaparro è l’epifania di un sentire fragile e imperfetto, ma prezioso. L’immagine dei limiti, se si vuole, di una modalità di continuare a pensare il cinema di una generazione - e di una classe - che però il cinema non di meno l’ha fatto. E a volte nella fine è possibile intravedere un’altra aurora.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 11 del 2009

Autore: Giona A. Nazzaro

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