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Il bambino con il pigiama a righe

Regia di Mark Herman vedi scheda film

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La recensione su Il bambino con il pigiama a righe

di Gangs 87
6 stelle

Gli occhi dei bambini hanno, sempre, una visione fantastica del mondo. Per loro non esistono soprusi, non esistono uomini cattivi o, almeno, se ci sono, non fanno parte della loro vita. Questa assurda quanto fantastica convinzione, aleggia anche neglio occhi azzurrissimi e limpidi di Bruno, figlio di un ufficile nazista che sarà promosso al controllo di un campo di concentramento alla periferia di Berlino, dove si trasferirà con tutta la famiglia. Ed ecco che la scena si sposta, bruscamanete, Da una bella casa in città, circondata da alberi e prati, ad uno suqallido casolare immerso nelle sterpaglie e cirondato da soldati in uniforme e sempre seriosi, troppo seriosi per l'allegria e la spensierateza di Bruno. Da una vita di gioco e divertimento con i suoi amici finisce per essere solo in un posto che odia e in cui non ha nessuno. Adora esplorare, il piccolo Bruno, ed è proprio esplorando un passaggio sul retro del giardino della sua nuova casa, che trova il modo per arrivare alla fattoria, che intravede dalla finestra della sua camera, e in cui ci sono molti bambini con cui poter, finalmente, giocare. Li incotra Schmu, un bambino di otto anni, proprio come lui, anche se un pò "strano", perchè mai porta il piagiama tutto il giorno?
Questa però non è l'unica domanda che comincia a girare in testa al piccolo Bruno, tanto sveglio quanto ingenuo da non capire che la malvagità, quella pure vive in casa sua.
Non capisce perchè quei contadini sono così "strani", non capisce perchè quel fumo nero che, spesso, vede fuoriuscire dalle ciminiere in fondo alla "fattoria" da dove proviene anche quel terribile odore di bruciato, li dove è racchiusa tutta l'atroce cattiveria dell'uomo che va oltre la limpidezza dii un paio di occhi azzurri.
La storia si snocciola benissimo, non annoia e non si perde in preamboli o deviazioni inutili. Il regista dirige un cast preparato e coeso perfettamente in grado di canalizzare l'attenzione solo sul bambino e sul suo amico pur mantenendo la storia di base sempre in primo piano. Arrivi al finale senza neanche accorgerti che sta per uscire la parola fine, e questo mi ha lasciato qualche dubbio: il film viene dirottato troppo in fretta su un finale poco assimilabile o il regista è stato talmente bravo da creare il famoso "finale imprevedibile"? L'amaro in bocca che mi ha lasciato mi porta di sciuro alla prima opzione, sarebbe stato meglio, forse, farlo finire un pò dopo, per vedere, negli occhi, di quel padre, fin troppo orgoglioso di essere un nazista e ancora di più per quello che fa, la constatazione che, la sua amata patria, gli aveva portato via ciò che Dio gli aveva donato: l'amore verso gli uomini.

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