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La banda Baader Meinhof

Regia di Uli Edel vedi scheda film

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La recensione su La banda Baader Meinhof

di ROTOTOM
4 stelle

Film non eccelso, sembra di assistere ad una puntatona bulimica dei recenti telefilm polizieschi tedeschi. Regia televisiva, intreccio e drammatizzazione sacrificati all'esigenza di condensare in due ore e mezza avvenimenti su avvenimenti, date, facce, personaggi che compaiono e scompaiono, sfilacciamenti di didascalismo temporale. In più una dose massiccia di action à la americana che contrasta con l'amatriciana ai krauti e kartoffeln della realizzazione.
Uli Edel dopo l’exploi di Cristiana F: noi e i ragazzi dello zoo di Berlino, emigrato artisticamente in Usa, non ne ha più azzeccata una, diventando quindi un apprezzato regista di fiction televisive. La chiamata alle armi da parte dell’ipertrofico produttore Bernd Eichinger , capace di passare da La Caduta, film sugli ultimi giorni di Hitler (seppur vicino al pessimo) ai vari Resident Evil di Milla Jovovic, ha condizionato pesantemente il risultato dell’operazione. Si parte dalla fine degli anni sessanta durante i quali un movimento antiamericano di sinistra contesta, represso nella violenza, l’appoggio e l’alleanza del governo tedesco agli Stati Uniti, colpevoli di praticare una politica estera imperialista. Il Vietnam, la Palestina e l’annosa questione mediorientale vengono sciorinate a mo’ di slogan durante le riunioni e le assemblee del partito. Da qui parte di frange più radicali passeranno all’azione armata. Nasce così la banda Baader - Meinhof, ragazzi arrabbiati uniti ad una giornalista di sinistra che decide di passare dall’altra parte del foglio, da narratrice ad interprete degli anni di piombo tedesco. Il film è un esercizio di compilazione degli eventi, una cronistoria dell’ascesa di violenza che per strada perse l’ideologia per divenire semplice istinto omicida, così come il regista stesso cerca di approfondire i caratteri dei protagonisti per poi perdersi nella monodimensionalità dell’action poco ispirato. Un tema troppo complicato per un regista di poco manico, titubante sul registro da mantenere abbozza una prima parte di introspezione dei caratteri, ma gli attori forse consapevoli della responsabilità del ruolo, sfiorano e qualche volta esondano nell’overacting, mentre nessuna evoluzione che li elevi allo status di personaggi viene loro fornita rimanendo immobili come trasferelli impressi su un fondale . L’inserimento di documenti e immagini di repertorio nel tessuto filmico così verboso e ridondante di concetti ripetuti come slogan non provoca l’effetto sperato di stratificazione della narrazione, poiché il tutto non si amalgama, anzi il risultato è posticcio e didascalico. Le derive stilistiche e temporali si acuiscono nel secondo tempo, quando i giovanotti ribelli vengono incarcerati e il loro posto viene preso da altre cellule paramilitari che ne replicano le gesta snaturati da qualsiasi ideologia. Atti dimostrativi, attentati e rapimenti, sparatorie, si confondono in una immissione di figure marginali che si perdono dopo poche scene, assommando sempre più eventi senza controllo e la cui plausibilità all’interno della narrazione viene scandita dalla semplice sovrimpressione della data del fatto cui si fa riferimento, del quale poi ci si dimentica subito. Cronache e parole, date e processi, doppie punte di scene in più che sarebbero da sfoltire e ricondurre ad una più secca narrazione e un taglio più deciso, personale. Indecisione, questo il risultato di questa produzione con tanti muscoli e poco cervello. Mentre i figuranti ciarlano di antiamericanismo militante, il regista che ne cura le sorti applica alla lettera gli stilemi dell’ action americano alle scene d’azione rapito dalla naturale estetica della violenza che ne consegue e che ha imparato nell’esilio artistico USA, ma senza averne il pieno controllo causa un cortocircuito stilistico stridente che toglie credibilità ad un progetto che era nato con ben più alte ambizioni. Alla fine i terroristi si suicidano, li ammazzano dicono in Germania, che tanto diversa dall’Italia non è, visto che la Destra ha strumentalizzato politicamente il film accusandolo di apologia del terrorismo i cui responsabili vengono elevati a martiri mentre a Sinistra abbaiavano verso una destra colpevole di assassinio di stato, visto le misteriose morti dei componenti della banda in carcere. Un terzo di intenzione , un terzo di incapacità, un terzo di convenienza e mescolare con un ombrellino colorato, l’unico merito del film invece è proprio quello di prendere il meno possibile posizione, proprio come in un’asettica ricostruzione televisiva di un fatto di sangue, si limita a scandire i tempi degli avvenimenti provocando nello spettatore la rassicurante sensazione di assistere ad una successione di “effetti” le cui cause, solo abbozzate, restano prudentemente nascoste. Un film che non sposta nulla della storia della Germania e che nulla voleva spostare, utile per chi ha sentito parlare qualche volta della banda Baader - Meinhof e non sa se fosse musicale o cosa d’altro, mentre le ricostruzioni d’epoca delegate a quei cravattoni color epatite su camicie anice e giacche marroni, alimentano il rimpianto di un remoto, allampanato ispettore televisivo con la faccia da segugio di tanti lustri fa. A seguire invece, verrà proiettato Resident Evil 4 e una biografia musicale di Goebbels.

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