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Galantuomini

Regia di Edoardo Winspeare vedi scheda film

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La recensione su Galantuomini

di FilmTv Rivista
8 stelle

Era meglio morire da piccoli? No, perché poi si cresce, si cambia, certe volte ci si corrompe. Lucia, Ignazio e il fragile Fabio erano amici, la vita li ha divisi, uno di qua, una di là. Ignazio magistrato a Milano, Lucia giovane sposa di un delinquentello nel Salento, Fabio che appassisce drogandosi, poi se ne va. Il giudice torna nella sua terra, in tempo per scoprire che in fondo Lucia l’ha sempre amata; chissà che anche lei… Ma intanto la principessa si è adattata ai ritmi malavitosi del suo ambiente, è diventata il boss, traffica con il Montenegro, tratta con gli altri affiliati della Sacra Corona Unita, ordina ammazzamenti. Il dilemma di Galantuomini, quarto lungometraggio di finzione del regista e documentarista salentino Edoardo Winspeare, si concentra soprattutto su questo: è possibile che si amino liberamente un uomo che ha fatto dell’onestà e del suo rispetto un mestiere e una donna criminale? La risposta è il melodramma. Vale a dire: chi se ne frega delle categorie, tanto poi decidono il cuore e la carne, il corpo e l’anima. Non la testa, che può restare tranquillamente segregata con i propri dubbi in un’aula di giustizia o nel covo dei pirati. Non è (più?) un paese per galantuomini, ci dice Winspeare, che ha scritto il film con Alessandro Valenti e Andrea Piva (Lacapagira), impregnandolo della passione tipica del suo cinema, da Pizzicata a Il miracolo. Ha il coraggio di affrontare il genere (oltre al mélo, il mafia-movie, con i suoi riti e miti) e di costruire personaggi di contorno autentici e intensi, come il marito di Lucia Beppe Fiorello, più vigliacco che feroce, o Laura (Gioia Spaziani), la “quarta incomoda”, collaboratrice di Ignazio che non si rassegna all’irragionevolezza dei suoi sentimenti. Poi, certo, resta qualche dubbio sulla scelta narrativa di alcuni registri - per esempio è forse troppo a lungo trattenuta la passione del giudice e la ferocia della donna/boss - o sulle assonanze con Il dolce e l’amaro di Porporati, specie per il tandem Finocchiaro-Gifuni, ma sono lievi spostamenti di un film che colpisce al cuore.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 47 del 2008

Autore: Mauro Gervasini

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