Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
I conti non tornano proprio. Oxford Murders mette in scena la presunta scienza esatta della detection come un teorema che si scontra con l’inafferrabilità della verità. Il film è una variazione del classico mystery britannico che esplicitando la struttura matematica di questo tipo di intrighi narrativi tenta di radiografare – niente di meno – le articolazioni che le rendono possibili. Giochino metalinguistico dunque, le cui sottigliezze non sono adeguate al passo guascone e sfacciatamente cialtrone del miglior De la Iglesia. Ostacolato da una sceneggiatura che declama con saccente compiacimento assiomi e paradossi logici, costellato di personaggi che si affannano a spiegare ciò che sta accadendo sullo schermo, non privo di inutili eleganze formali, Oxford Murders si compiace del proprio sfoggio intellettuale mettendo a dura prova la resistenza dello spettatore che volge il proprio pensiero a Morfeo piuttosto che a Fibonacci. Che il tutto si riveli ben poca cosa è scontato come può esserlo un film che cita Wittgenstein per legittimarsi, limitandosi però a una lettura a dir poco superficiale del Tractatus. Si segnano all’attivo del film la sola partecipazione di Alex Cox e la prorompente fisicità di Leonor Watling, bellezza decisamente non britannica. Per il resto, piuttosto che muertos de risa, muertos de noia.
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