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King Kong

Regia di Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack vedi scheda film

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La recensione su King Kong

di FABIO1971
8 stelle

Un classico senza tempo del cinema fantastico, un gioiellino di virtuosismo e passione per la "meraviglia" con il profumo del cinema d'avventura più selvaggio e scatenato: un cinema ingenuo, infantile quanto si vuole, ma dalla fantasia sfrenata ed incontenibile, capace anche, quando sorretto dall'ispirazione più genuina e dall'amore incondizionato per il genere, di rievocare suggestioni primordiali dell'immaginario collettivo (la paura del mostro, la bella e la bestia, i progressi della scienza e della tecnica contro la forza terrificante della Natura). King Kong è anche altro, naturalmente, molto altro: inizia come un film su un film, scarta improvvisamente nei territori inesplorati (come la Skull Island visitata dalla troupe dei protagonisti) del Mistero con straordinaria visionarietà, sparge inquietudine e ansia, si ammanta di una patina di erotismo strabordante che stempera la tensione nell'idillio amoroso, scatena improvvisamente i prodigi della tecnica per simulare battaglie sanguinose tra mostri e dinosauri, "mostrando" l'Orrore (almeno quello che nel 1933 il trucco e gli effetti speciali potevano ricreare: quindi spazio a modellini, fondali di cartapesta, sovrapposizioni di più riprese) e dispensando brividi e spaventi, scarica sullo spettatore robuste iniezioni di adrenalina coinvolgendolo in una disperata lotta dell'uomo per la propria sopravvivenza, capovolge l'approccio iniziale trasportando di peso il combattimento dell'uomo contro il mostro da un ambiente sconosciuto ed ostile al proprio habitat naturale (e l'ordine dei fattori, pur modificato, continua a produrre devastazioni apocalittiche), sconfina nel melodramma appassionato fino a trasfigurarsi nell'Epica senza freni del finale, cucendo addosso al suo mastodontico protagonista le stimmate dell'immortalità nel regalargli la più gloriosa e commovente delle morti (il crescendo drammaturgico della narrazione che esplode fragorosamente nel pathos travolgente del finale, con l'agonia di King Kong crivellato dalle mitragliatrici sulla vetta dell'Empire State Building). La trama è arcinota, con il regista cinematografico Carl Denham (Robert Armstrong) che parte con la sua troupe alla volta di un'isola sconosciuta per girarvi un film: nell'esotica Skull Island, che non figura neanche sulle mappe, scoprono l'esistenza di una tribù di indigeni che venera un misterioso dio Kong. Anna (Fay Wray), l'attrice principale scritturata per il film, viene però rapita dagli indigeni ed offerta in sacrificio al loro dio, che si rivelerà essere un gigantesco scimmione. Ma Kong si innamora della ragazza, la rapisce e la conduce nel suo nascondiglio, difendendola dagli attacchi dei mostruosi animali preistorici che popolano l'isola. I compagni dell'attrice, però, riescono a scovarla e a liberarla, neutralizzando anche il gorilla: narcotizzato ed incatenato sulla nave, viene condotto a New York e presentato al pubblico come l'ottava meraviglia del mondo, finchè non riesce a liberarsi e a fuggire per le strade, scatenando panico e distruzione. Nato, dopo la visione di Il mondo perduto (altra gemma del cinema fantastico, tratta nel 1925 dal regista Harry O. Hoyt dal romanzo di Arthur Conan Doyle), da un'idea di Cooper e del giallista Edgar Wallace (che morì nel 1932 proprio durante la stesura del soggetto), con cui intendevano estremizzarne ancor di più la potenza evocativa, King Kong affida gran parte della sua riuscita all'impeccabile cura della messinscena, alla regia sapiente di Cooper e Schoedsack, ai meccanismi ad orologeria del copione (firmato da James A. Creelman e da Ruth Rose), agli straordinari (per l'epoca) effetti speciali, la cui supervisione venne affidata allo stesso Willis H. O'Brien che curò le magie in stop-motion di Il mondo perduto. Seguiranno, nei decenni, sequel, remake, sequel di remake, versioni alternative e parodie. Ma il successo stratosferico dell'originale (quasi due milioni di dollari di incassi solo negli Stati Uniti), che salvò, tra l'altro, la RKO Pictures dalla bancarotta finanziaria, rimarrà insuperato.

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