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La Zona

Regia di Rodrigo Plá vedi scheda film

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La recensione su La Zona

di ROTOTOM
8 stelle

L’assedio dentro. La zona è un punto verde, un eden fuori dal tempo ficcato in una megalopoli in via di disfacimento : Città del Messico. Un complesso residenziale di rifugiati borghesi contro le brutture della vita che hanno scelto di vivere senza vedere, protetti da muri e filo spinato, sorveglianti e una deroga legale che consente loro di vivere autarchicamente, un’enclave felice in un deserto umano di disperazione e degrado. La paura è contenuta a stento dentro i suv lucenti, le case ben arredate, resa inoffensiva dalle armi e dalle barricate. Quando la vita vera inevitabilmente irrompe reclamandone il territorio, tutto il terrore compresso dall’isolamento volontario, tutta la violenza repressa sotto i panni del buon cittadino, trasformano La Zona in zona di guerra, una caccia all’uomo fuori controllo che non ha più nulla della legittima difesa, quanto di una endemica voglia di giustizia sommaria, una sete di sangue atavica che sgorga dal vivere una vita edulcorata e falsa. E’ un pugno nello stomaco La Zona, ottimo esordio di Rodrigo Plà che dimostra di conoscere molto bene ciò di cui parla. “Come spiego a mio figlio il fatto che abbiamo deciso di vivere dietro un muro?”, questa è la domanda su cui il film ruota lentamente. La risposta sta nei tre disperati che penetrano nell’iper-protetto quartiere e tentano un colpo ai danni di una villetta, uccidono e due vengono uccisi. IL terzo fugge tra campi curatissimi, cortili impeccabili, aiuole fiabesche che scollinano a mostrare, al di là del muro elettrificato, le favelas ribollenti di disperati, accatastati l’uno sull’altro dalla miseria, fino a rintanarsi nel sottoscala di uno dei più infoiati “cani da caccia” e di suo figlio con il quale instaura un rapporto di sospettosa fiducia. La Zona è un film stratificato, fotografato in maniera superba, montato senza un attimo di cedimento, la tensione sale fino ed oltre il punto di rottura. Nessuno sconto, lo sguardo non è quello della denuncia, che pure c’è, visto il tema delle condizioni di sempre più megalopoli del sud America, ovvero la divisione sempre più netta tra estremamente ricchi (pochi) ed estremamente poveri (in esponenziale aumento), bensì le contraddizioni sociali evidenti e per nulla sottintese vengono messe a servizio della narrazione, senza mistificazione o retorica alcuna, il sentimento che caratterizza il film è quello della paura. E’ la paura dei borghesi di colare nelle bidonville, perdere i privilegi che possono essere tali solo con a fianco un buon termine di paragone, ma non solo. E’ una paura reale di un mondo senza controllo e con sempre meno considerazione per la vita umana, ridotta a mero intralcio verso la sopravvivenza. Così, i disperati che irrompono come virus alieni nell’organismo che si considera sano, quand’anche esso stesso risulta essere un’enclave di stereotipata e plastificata normalità dentro un corpo- società in disfacimento, non fanno altro che infettarlo di quella disperazione ammalata di violenza che cova latente nei buoni cittadini rifugiati dietro quel muro. Non c’è differenza in realtà tra dentro e fuori, sono solo coordinate geografiche in cui la violenza e il sopruso si manifestano con modalità differenti. Assurde assemblee condominiali nella palestra oscura tagliata da ombre espressioniste, in cui come in un processo sommario vengono emesse sentenze di morte in un parossistico delirio di onnipotenza; ronde armate come in una Bagdad assediata ; o con la corruzione, che impedisce al poliziotto in crisi di coscienza di svolgere il proprio lavoro: ed è emblematico come lo sguardo di Plà in questo caso si frantumi come la verità viene frantumata quotidianamente dalle decine di telecamere che riprendono costantemente le strade ordinate, i vicoli, le case senza trovare nulla. Una realtà filtrata da occhi di terzi che trasmettono sensazioni d’ordine quando l’ordine è ampiamente messo in pericolo. Ancora un occhio di telecamera raccoglie la confessione del fuggiasco per essere consegnata alla polizia ed evitare la fuga e la morte certa. Mentre la verità vera, quella che regola il mondo e lo dirige a proprio piacimento e per le proprie esclusive esigenze, viene esplicata in un illuminante colloquio nella stanza della sicurezza a telecamera spenta. In un mondo che delega alle telecamere la ricerca della verità, è padrone chi manovra la telecamera. Sguardo frammentato quindi, la forma che prende sostanza nel mezzo, padroneggiato con la piena capacità di tutte le potenzialità espressive che il cinema consente, giochi di luci ed ombre, di sentimenti sfuggenti colti al volo sui volti dalla telecamera a mano, corpi nascosti, timori del nulla che prende forma nella notte. Esseri umani colti nel momento dell’esercizio della giustizia privata, dove privata ha il doppio significato di “personale”, “intimo” bisogno di esercitare del tutto il privilegio di essere superiore, ma anche di “privazione”, mancanza di quel senso di fiducia nella giustizia istituzionale ormai svenduta al miglior offerente, una giustizia senza benda sugli occhi che in quanto parziale non è mai chiaro da quale parte di parzialità penda.
Il linciaggio finale è quindi solo una logica conseguenza della fame di violenza che anima anche le persone che si autodefiniscono “ per bene” quando temono di perdere i pochi privilegi che li differenziano dal resto del loro mondo, poiché Plà si astiene dal giudizio e lascia che le immagini facciano il loro corso in un lirismo cinematografico miracoloso: quei corpi nella spazzatura, quei volti tumefatti, quelle madri in attesa, quel mesto funerale e quella silenziosa fermata di un suv lucente, in campo lungo, fermo per le strade di Città del Messico mentre un ragazzo di sedici anni che ne ha appena seppellito un altro, mangia qualcosa prima di tornare a casa dietro il muro col filo spinato e che forse ha lasciato una breccia aperta in modo che qualcuno possa finalmente cominciare ad uscire nel mondo, poiché i muri sono fatti essenzialmente per questo, per non fare uscire più che per non entrare. Magnifico film.

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