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Le Cronache di Narnia. Il Principe Caspian

Regia di Andrew Adamson vedi scheda film

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La recensione su Le Cronache di Narnia. Il Principe Caspian

di Rigel
6 stelle

Il Principe Caspian è il sequel per eccellenza del primo e più fortunato capitolo delle Cronache riadattate da Adamson, omonime alla celeberrima Opera di C.S. Lewis. Grande amico del contemporaneo Tolkien, Lewis creò il mondo di Narnia sostanzialmente per un pubblico di giovanissimi: caposaldo del genere fantastico per bambini, le Cronache di Narnia non costituiscono altro che una gigantesca allegoria cartacea che, letta fra le righe, può rivelare un intricato parallelismo religioso che ci porta ad identificare la figura del leone Aslan come il Creatore, il Messia, presenza costante in tutti e sette i racconti. In particolare ne “Il Principe Caspian” l'autore de "Il leone, la strega e l'armadio”, voleva sottolineare alcuni importanti valori propri del cristiano ovvero la fede, la fiducia nel prossimo e l'umiltà di dare ascolto a chi è più piccolo e considerato inferiore; di proverbiale interesse sarà quindi il comportamento dei fratelli Pevensie nei confronti della sorellina Lucy, la più pura, l'unica chiamata al cospetto di Aslan che le affida il difficile compito di ridare speranza e fede agli amici.
In questo Capitolo delle Cronache costante inafferrabile è il tempo che scorre inesorabile, il conflitto fra il nuovo che conquista terreno a discapito del vecchio; tutto ciò è simboleggiato da una nuova dominazione su Narnia, che scaccia ed esilia gli abitanti nativi. Gli animali diventano muti, gli spiriti degli alberi cadono addormentati disturbati dal predominio umano, che scialacqua, rovina e distrugge. Il ritorno di Aslan sarà una sorta di Giudizio Universale.
Purtroppo sulla pellicola la sottile critica e la corrispondenza religiosa non traspaiono com'era nelle intenzioni di Lewis, quindi il colossale lavoro allegorico si tramuta nell’ennesimo capitolo della saga fantasy prodotta dalla Disney per contrastare lo strepitoso successo della trilogia di Jackson.

La regia ancora una volta è affidata ad Andrew Adamson che adotta una scelta stilistica visibilmente differente rispetto a quanto l’occhio dello spettatore era abituato a vedere ne “Il leone, la strega e l’armadio”. Adamson abbandona infatti le atmosfere evocative e poetiche proprie dell’innevato paesaggio del precedente film, popolato da fauni e castori parlanti, intriso dell’ottimismo casalingo che tanto piace ai giovanissimi. Questa de “Il principe Caspian” è una Narnia più cupa, ostile, solitaria, terrificante, soprattutto nelle scene “al buio” come l’assalto al castello del Principe Miraz (un sorprendente Sergio Castellitto); una battaglia che niente ha a che vedere con quella del primo capitolo che, come alcuni ricorderanno, sembrava un multicolore torneo cavalleresco, senza vittime di alcun genere -se non la strega cattiva di turno- tutti prodigiosamente resuscitati dalla magica pozione della piccola Lucy. In confronto il finale di Biancaneve era molto più atroce. In quest’ultimo capitolo, invece, tutta la narrazione è intrisa dell’opprimente sensazione di sfiducia nei confronti del futuro e anche dello stesso Aslan. Come accade in Harry Potter, quindi, il racconto che procede assume toni e colori molto più cupi, nonostante di proverbiale bellezza siano gli scorci paesaggistici della Nuova Zelanda, dove sono state effettuate le riprese, patria anche dei meravigliosi ambienti de “Il Signore degli Anelli”.
Due sono le battaglie che Adamson –discostandosi leggermente dalla storia originale- ci ripropone e che palesemente richiamano alla memoria dei simpatizzanti del Signore degli Anelli alcune memorabili sequenze, ovvero l’avanzata degli Ent, l’attacco di Isengard e la difesa contro l’immenso esercito nemico nel fosso di Helm. Siamo anni luce dal coinvolgimento emotivo dei colossal di Peter Jackson, anche e soprattutto perché ci troviamo di fronte ad un film per famiglie, dove il sangue non può scorrere copioso e le morti non devono essere troppo truculente; uniche scene conturbanti saranno –forse- un rivolo di sangue che scorre dalla punta della spalla lungo il collo del re Miraz e la sconfitta da parte delle truppe narniane, che lasciano i loro conterranei ed amici bloccati nella morsa del castello assaltato, massacrati alla spalle dall’esercito nemico. Tuttavia anche questi episodi, difficili da digerire per un bambino, vengono solamente lasciati intuire, nascosti dalle tenebre o dai pianti degli alleati.

I quattro fratelli Pevensie sono cresciuti; in particolare la piccola Lucy (Georgie Henley), di nuovo nella parte trita e ritrita della bambina saggia, è maturata visibilmente e, come la sua adorata Narnia, ha abbandonato la proverbiale innocenza e luminosità del primo film. I quattro fratelli mutano il loro sguardo nei confronti della realtà e dei rapporti interpersonali: troviamo quindi il primo amore di Susan (Anna Popplewell) e un’accennata rivalità fra Peter (William Moseley) e Caspian (Ben Barnes). Quest’ultimo è il personaggio più innovativo del sequel, che si impone a sfavore dei quattro precedenti regnanti, archetipo del giovane non troppo maturo, dall’impulsiva ingenuità. Niente di speciale insomma. I cattivi (a parte un repentino e brevissimo ritorno della Straga Bianca Jadis, episodio importante soprattutto dal punto di vista morale) sono di stirpe italica; vediamo un inedito Castellitto che per la prima volta si cimenta in un fantasy di produzione americana, credibile e arcigno quanto basta, spalleggiato da un più cupo Pierfrancesco Favino, nei panni dell’infido generale Glozelle. Entrambi sorprendenti e calati nel proprio ruolo con trasporto, forse le migliori performance del lungometraggio.

Nel complesso il film di Adamson si attiene abbastanza fedelmente al racconto di Lewis, che aggiunge un pizzico d’azione per rendere la trama più incalzante e meno pedante. Protagonisti più umani e sfaccettati, con i “buoni” che assumono anche un aspetto terrificante, come nel caso del suggestivo spirito delle acque chiamato da Aslan che annienta definitivamente la resistenza nemica e che ricorda, ancora una volta, la scena delle acque cavalline evocate dall’elfa Arwen, che inghiottono i terribili Nazgûl alla caccia dell’Unico Anello.
Pellicola più ambiziosa (d’effetto l’uso del digitale) e matura della precedente che tuttavia non riesce ad emergere dall’esondazione di film fantasy che attualmente si presentano nelle sale cinematografiche.
Una nota di merito al doppiaggio italiano che ha cambiato la voce di Aslan (oggi Alessandro Rossi), rispetto a quella di Omar Sharif che faceva storcere il naso alla più parte di spettatori, con un accento alquanto singolare.

Sulla trama

Si attiene abbastanza fedelmente al racconto di Lewis, ma aggiunge un pizzico d’azione in più per rendere il tutto più incalzante e meno pedante. Protagonisti più umani e sfaccettati, con i “buoni” che assumono anche un aspetto terrificante, come nel caso del suggestivo spirito delle acque chiamato da Aslan che annienta definitivamente la resistenza nemica e che ricorda, ancora una volta, la scena delle acque cavalline evocate dall’elfa Arwen, che inghiottono i terribili Nazgûl alla caccia dell’Unico Anello.

Sulla colonna sonora

Si adatta piacevolmente ai colori della nuova Narnia e accompagna fedelmente le avventure dei protagonisti. Niente di particolarmente memorabile.

Cosa cambierei

Voto complessivo: 6

Su Skandar Keynes

Surclassato dagli altri protagonisti, non riesce ad imporsi sebbene il suo personaggio sia molto più positivo che nel precedente film.

Su Anna Popplewell

Con le proverbiali labbra a canotto ci presenta una Susan più determinata e "innamorata"; raggiunge la sufficienza, ma non riesce a distinguersi positivamente.

Su Georgie Henley

Ha abbandonato l'aria di tenerezza e innocenza che ammorbidiva i cuori più sensibili; sempre un ruolo in primo piano che non riesce a sfruttare appieno.

Su William Moseley

Sempre uguale a sè stesso; statico, non matura in questo secondo film e rievoca insistentemente lo stesso Peter de "Il leone, la strega e l'armadio", rimasto allo stato abbozzato del bellone eroico. E' anche vero che il suo personaggio, modello per eccellenza dell'eroe impavido, non presenta molte sfumature interessanti; gioca inoltre a suo sfavore la presenza del co-protagonista Caspian.

Su Peter Dinklage

La parte del nano rosso e scorbutico è perfetta per lui; grottesco e folcloristico.

Su Ben Barnes

Recitazione sufficiente, personaggio scomodo; un bel co-protagonista che vince la battaglia nei riguardi del "rivale" Peter. Leggermente deludente rispetto alle sfaccettature che poteva donare alla figura del Principe.

Su Warwick Davis

Maligno quanto basta per un ruolo molto marginale.

Su Andrew Adamson

Più ambiziosa e matura rispetto al precedente film; riesce a ricreare una Narnia più cupa ed ostile, abbandonando le atmosfere evocative del paesaggio innevato de "Il leone, la strega e l'armadio", riuscendo a ricreare una sensazione opprimente di sfiducia di cui tutto il film è intriso. Niente di nuovo purtroppo; Infatti non riesce a distinguersi dall'esondazione fantastica che oggi fa da protagonista nelle sale cinematografiche.

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