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Come tu mi vuoi

Regia di Volfango De Biasi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Come tu mi vuoi

di Lina
7 stelle

Un film che o ami od odi. Gradevole e ben interpretato, offre un ritratto del mondo giovanile odierno molto realistico e a tratti amaro, con una morale a doppio taglio, il tutto farcito da un'ironia di fondo.

Film difficile da valutare, che ripropone in un contesto moderno e giovanile, una variante della fiaba del brutto anatroccolo, rivelando una morale molto controversa, ma ricca di triste realismo: essere brutti ma intelligenti non paga più di tanto nella società imperfetta in cui viviamo, l'apparenza purtroppo conta sempre più della sostanza. Pochi sanno dare la giusta importanza a ciò che si ha dentro piuttosto che a ciò che si può mostrare fuori. I bei vestiti, le belle acconciature, il make-up e il civettare contano più di una personalità forte, se non accompagnata dalla bellezza esteriore.

 

Il film intrattiene e coinvolge dall'inizio sino alla fine, mostrando un ritratto veritiero e amaro della società snob in cui viviamo, in cui prevalgono i preconcetti dei figli di papà belli e viziati.

 

Gli stereotipi ci sono tutti: la ragazza secchiona che si trascura fisicamente dedicandosi anima e corpo allo studio, ma che dietro quel suo aspetto da rospetto nasconde una bellezza non indifferente; il ragazzo frivolo e vanitoso che per non pagare le ripetizioni proprio alla secchiona succitata, se la porta a letto finendo per capitolare, cambiando radicalmente e innamorandosi di lei e della sua anima; un gruppo di amici assortito da donnette facili e nullafacenti, che trascorrono il loro tempo tra festini, droghe e serate in discoteca; la sofferenza provata dalla protagonista dopo la scoperta di un tradimento immotivato; la difficoltà a trovare un buon lavoro se non si è di bella presenza ecc. tutto parte di una sceneggiatura semplice che imbastisce una trama lineare, dai contenuti prevedibili, ma in fondo anche divertenti e autoironici.

 

Certo, la vena romantica che prende sempre più piede nella storia appassiona e le riflessioni di Giada sono molto interessanti, ma quando anche lei diventa parte integrante di quella stessa società che ha sempre criticato perché fissata con l'apparenza, tutto si stempera diventando biasimevole e allo spettatore non rimane che una grande disillusione.

 

Se nella prima parte Giada dimostra di avere molta personalità, di essere onesta e più intelligente dei suoi coetanei, incondizionabile e matura, nella seconda, perde di colpo tutte queste qualità per amore di un ragazzo bello ma comune, quasi insignificante in quella massa di giovani viziati figli di papà tutti uguali.

 

Lei critica tanto chi sfrutta la bellezza per andare avanti e critica chi non lavora dedicandosi all'ozio, ma dopo che fa? Si lascia convincere a cambiare look e una volta diventata figa, sfrutta il proprio aspetto per ottenere un lavoro di assistente universitaria e comincia a seguire le mode di cui non le era mai fregato niente prima. Inoltre, ruba un sacco di soldi al suo primo datore di lavoro per pagarsi una seduta a un centro estetico – alla faccia di quella che faceva la predica ad Alessia con la battuta: “pensi di valere qualcosa per quei quattro stracci? Ma vai a lavorare e poi mi racconti!” – e di colpo ama le discoteche e sembra perfino pronta a sperimentare alcol e droga... un cambiamento totale repentino di personalità che la fa scadere allo spettatore che inizialmente l'ammira.

 

Si rivela un'ipocrita che sotto sotto ama tutto quello che fino a quel momento aveva sempre condannato. Allora, vien da pensare che aveva ragione la sua amica Fiamma, che afferma che semmai fosse riuscita a mettere le mani sopra quello che aveva criticato, lo avrebbe considerato suo sin da sempre.

 

Chi nella trama cambia veramente in meglio è Riccardo, che a un certo punto realizza che sia la sostanza a valere più dell’apparenza e ripudia una vita fatti di ozio e di eccessi, impegnandosi finalmente nei suoi studi – e fa proprio bene, durante una sessione di esami in cui Giada gli fa da docente, a rinfacciarle la sua ipocrisia.

 

Il film è dunque molto intrigante ma contorto a livello psicologico.

 

Il personaggio pieno di sfaccettature di Giada cerca di sottolineare che si arriva a stancarsi di essere brutti, poiché  esserlo comporterà sfiga, solitudine, frustrazione e scarsa considerazione, scherno ed emarginazione da parte degli altri.

 

Bisogna pertanto riuscire a cogliere il messaggio introspettivo di quest’opera che nonostante i suoi difetti e una protagonista incoerente, ha il merito di non mostrare realtà idealistiche che non esistono né nella società né nei rapporti di coppia. Inoltre, ha degli ottimi dialoghi e un buon cast che regala delle interpretazioni impeccabili.

 

Cristiana Capotondi, con la Giada brutta e secchiona e la Giada bella e figa che si dedica all'improvviso alla vita mondana, dopo anni e anni in cui aveva vissuto come una mezza suora, riesce a fare il bello e il cattivo tempo del film. Entra con disinvoltura nella parte, anche se perfino con i brufoli, i capelli castigati in una coda, gli occhialoni e un vestiario orrendo non ce la fa a camuffare veramente la sua bellezza.

 

Bravo e ben calato nel suo ruolo anche Nicola Vaporidis. Credibile nell’interpretare il belloccio di turno sciupafemmine, che capitola solo quando incontra il vero amore attraverso una ragazza diversa, che gli apre la finestra a una realtà fondamentale.

 

Adeguato Niccolò Senni nei panni di un personaggio “perfettamente” bastardo e mitica Giulia Steigerwalt nei panni di una snob smorfiosa e ambigua che fa il doppiogioco per pura noia.

 

Un inchino, in modo particolare, lo meriterebbe Marco Foschi nel ruolo di Ermes. Un cameo cool e spassoso. Le espressioni che sfoggia fanno sorridere.

 

Perfetta la colonna sonora di sottofondo.

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