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L'innocenza del peccato

Regia di Claude Chabrol vedi scheda film

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La recensione su L'innocenza del peccato

di Peppe Comune
6 stelle

Gabrielle (Ludivine Sagner), che lavora come presentatrice televisiva del meteo, è corteggiata da Paul (Benôit Magimel), giovane rampollo di una ricca famiglia, ma si  innamora di Charles (François Berléan), scrittore di successo e felicemente sposato. Da questo strano triangolo amoroso scaturiranno fatti dagli esiti imprevisti.

 

 

"La filèe coupe en deux", che significa letteralmente "La ragazza tagliata in due", è un film giocato tutto sulla fascinazione degli ambienti e sulla libertà espositiva impressagli sotto forma di un gioco a incastri dagli sviluppi tutti da decifrare, come se Chabrol avesse voluto interagire col pubblico per smascherare gli aspetti ambigui delle vicende trattate. La traduzione italiana è alquanto discutibile dato che non si riscontra alcuna innocenza del peccato in questa storia. Anzi, "L'innocenza del peccato" descritta è quella sacrificata sull'altare della volgarità umana, quella che sembra non poter esistere negli ambienti dell'alta società martoriata com'è dalla smania di arrivare sempre più in alto nella scala sociale, dall'egocentrismo e dall'avidità. Negli ambienti altolocati della città di Lione (sempre la provincia con Chabrol), nessuno sembra compiere un'azione disinteressata. Anche Gabrielle, che prova un amore puro e sincero per lo scrittore, cede al ricatto della perversione estrema pur di salvaguardare i suoi sentimenti. Chabrol ci conduce in percorso in cui le allusioni sotterranee contano più dei fatti che si mostrano in superficie. Il degrado morale di un mondo, coi suoi soliti e banali archetipi, fa da sfondo sommesso alla rappresentazione tragica del vizio, di cui vengono disseminati i segni concreti che via via prendono forma fino alla catarsi finale. Secondo il mio modesto parere, il film rappresenta un passo indietro rispetto alla filmografia di Chabrol. La descrizione degli ambienti di provincia non è svolta con la consueta maestria e il taglio psicologico dei personaggi cede spesso il passo a una loro ridondante rappresentazione. Ludivine Sagnier (Gabrielle) è troppo Lolita, Benôit Magimel (Paul) è troppo dandy e François Berléand (Charles) è davvero poco convincente come intellettuale attempato capace di ammaliare giovani fanciulle. Mantiene tuttavia un suo pregio e conviene pur sempre consiglirne la visione. Perchè la classe non è acqua e qui pur sempre di Chabrol si tratta.

 

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