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Paranoid Park

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su Paranoid Park

di Peppe Comune
8 stelle

Paranoid Park è una famosa pista di skateboard frequentata da un'umanità varia e consapevolmente emarginata. Alex (Gabe Nevins) è uno skater ed è uno dei tanti ragazzi affascinati da questo posto. "Una delle cose delle del Paranoid Park sono i tipi che stanno li a skeitare. Si sono costruiti tutto da soli, senza permessi. Hippy con la chitarra, girovaghi acchiappatreni, ubriaconi, skater veri, ragazzini di strada. Per quanto la tua vita faccia schifo, loro di sicuro se la passano peggio". Questo dice Alex che una sera, per caso, si trova in compagnia di alcuni balordi a saltare sui treni in transito. Succede che un vigilante notturno si accorge di loro e che per costringerli a scendere va a finire sotto il treno. Nessuno sa che quella notte Alex era al Paranoid Park, così decide di tenersi tutto per se, di non dire nulla alla polizia che non crede che la morte del vigilante sia stata causata da un fatale incidente ed è partita proprio dalla "comunità" degli skater a fare le sue indagini.

 

 

"Paranoid Park" parla di un peso immane che un ragazzo decide di tenersi in corpo, un'esperienza esistenziale estrema che nessuno dovrebbe augurarsi di dover fare. Una cosa brutta, che tuttavia può far rinascere Alex a nuova vita, imparargli a guardarsi anche ai fianchi e scoprire gli infiniti colori che popolano il mondo. Gus Van Sant si dimostra ancora una volta un autore con delle idee precise in testa, bravo a passare con disinvoltura da film che seguono una traccia tipicamente "hollywoodiana" ad altri che aprono strade interessanti e originali. E' giunto a un corpus cospicuo di opere che ruotano intorno al tema dell'adolescenza ("Mala Noche", "Belli e dannati", "Gerry", "Elephant") da essere diventato un autore di riferimento in questo senso, equilibrando sempre bene le esigenze commerciali con le istanze più propriamente autoriali. Con un efficacia che quasi sempre mi è parsa nascere più dalla conseguenza di doversi necessariamente muovere all'interno di modelli stilistici dati, che dal tipico opportunismo "cerchiobottista". Con "Paranoid Park" ci troviamo a Portland, Oregon, città natale di Gus Van Sant, nell'estremo nord-ovest degli Stati Uniti, uno di quei luoghi dove lo stereotipo dell'affascinante vita a "stellestrisce" ha da tempo lasciato il passo alla monotona reiterazione di una quotidianità senza sussulti. Il film è incentrato su una passione, quella per lo skateboard, che da sola può servire a surrogare tutto un corollario di slanci emozionali, di essere una parte fondamentale di un universo mentale che si mostra indifferente verso tutto quello che succede fuori di esso. Alex è un bravo ragazzo, intelligente ed educato, affatto scalmanato. Ed è questa sua normale tranquillità a rappresentare il vero pugno nello stomaco, il fatto che possa crearsi un distacco così naturale dalla vita in un ragazzo che sembra avere tutto per essere felice. Ma Alex è un personaggio paradigmatico, è l'emblema di quella gioventù che, tra cibi plastificati consumati sempre in fretta, l'anonimia delle navigazioni online, una scuola che non sa più aggregare e genitori che si sono preoccupati solo di metterli al mondo, è sprofondata in una sorta di limbo esistenziale dove è l'assoluto disinteresse verso tutto quello che capita fuori il loro mondo ovattato a farla da padrone, dove l'apatia che ha ingabbiato il cervello in un universo cognitivo molto ristretto ha snaturato la percezione reale di ogni valore, vita umana inclusa. Tutto è rimesso al calderone dell'assolutamente indifferenziato. Si è detto che Gus Van Sant può ormai essere considerato un autore di riferimento per quanto riguarda il tema sempre "attuale" dell'inquietitudine giovanile. Va aggiunto che questo tema ha percorso in lungo e in largo la storia del cinema e che se appuntiamo la nostra attenzione solo al singolo soggetto ci accorgiamo che gli effetti che su esso produce hanno sempre molti punti in comune a prescindere dal periodo di riferimento. Diverso è il discorso se ci concentriamo sul mondo che c'è dietro l'inquietitudine giovanile, alla sua capacità di alimentarla e alle modalità che usa per assorbirla, fattori che connotano dinamiche sistemiche assai diverse. Qualche decennio fa, essa nasceva dall'esigenza di credere in un futuro che si voleva migliore. Oggi sembra esaurirsi tutta in un presente virtualmente uguale a se stesso. La prima si alimentava delle richieste di più spazi per la politica. La seconda si caratterizza per la totale assenza di impegno politico. Quella era avversata dal potere costituito. Questa è perfettamente funzionale al modello economico dominante.

 

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