Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Vicenda poco verosimile, ma utile per adombrare parecchi riferimenti al presente, il film di Virzì lascia delusi su quasi tutti gli aspetti. Le allusioni all'attualità (Napoleone ha un passato che fa pensare a Bush jr. e un presente che sembra quello di Berlusconi) sono molto superficiali - si riducono a un "majesté mi consenta" e a un accenno a un improbabile "miracolo elbano" - mentre la tematica delle aspirazioni giovanili e alle disillusioni della maturità Virzì l'aveva già sviluppata, e molto meglio, in "Ovosodo" (1997). Gli sviluppi narrativi sono spesso forzati e quasi tutti prevedibili, i personaggi troppo incoerenti per essere veri (solo per fare un esempio: Martino odia il tiranno e amoreggia con una baronessa, si atteggia a democratico sulla scia di un suo vecchio insegnate, ma disdegna le attenzioni della servetta innamorata di lui). La ricostruzione d'epoca, accurata fin quasi al kubrickismo, cozza con una popolazione che parla con accento eccessivamente livornese (un pescivendolo giunge ad apostrofare Napoleone dicendogli "te sei un ber ganzo, perché vai ner culo a tutti!"), spesso messo in bocca ad attori di tutt'altra provenienza. Tra gli attori protagonisti, il solo toscano - per la precisione fiorentino - è Ceccherini, peraltro bravissimo. Ma non è certo il cast a rappresentare il problema di questo film: da Germano a Mastandrea alla Impacciatore gli interpreti fanno il loro degnissimo lavoro. Il difetto, si direbbe, è nel manico di una sceneggiatura irrisolta e forzatamente rivolta al presente dell'anno 2006, anziché aspirare all'universale. Sicuramente migliore di film recenti e di ambientazione analoga realizzate dai fratelli Taviani (si pensi a "Fiorile" e alle "Affinità elettive"), il film di Virzì ci doveva però risparmiare il carràmba che sorpresa tra Napoleone e la sua nutrice còrsa (Margarita Lozano). Così come è inutile il personaggio della baronessa, affidato a una Bellucci formato esportazione. (14 ottobre 2007)
Nel 1814, a seguito della sconfitta di Lipsia, Napoleone viene esiliato all'Isola d'Elba. Il giovane maestro Martino Papucci vede nell' ex imperatore il simbolo della tirannide che ha mandato al macello migliaia di giovani europei e progetta di ucciderlo. Scelto come bibliotecario di Napoleone, Martino diventa titubante, perché il sovrano si dimostra persona intelligente e simpatica, e, in più, ha grandi progetti per l'isola e per la sua gente. Alla fine, Martino, deluso, cercherà di realizzare il suo antico progetto, ma sarà troppo tardi: Napoleone ha già lasciato l'isola per la sua ultima avventura che troverà conclusione a Waterloo. Al maestrino non resterà che ripiegare sugli ideali particolari della sua attività commerciale.
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