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La guerra dei fiori rossi

Regia di Zhang Yuan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La guerra dei fiori rossi

di maltese falcon
8 stelle

Nella coproduzione italo-cinese La guerra dei fiori rossi (Kanshangqu Henmei, 2006), Zhang Yuan, regista di spicco della Sesta Generazione, movimento cinematografico urbano dal linguaggio e dalle tematiche strettamente legate alla vita metropolitana, contestualizza situazioni esistenziali e sociali a lui preziose, quali intimità e convivenza, diversità e conformità, audacia ed educazione, eccezionalmente nella Cina pre-rivoluzionaria anni Cinquanta, periodo storico in parte metabolizzato dalla generazione contemporanea. Il piccolo Qiang   è accolto all’asilo dalla maestra con fare rassicurante, persuasivo e referenziale (inquadrata in primo piano e sguardo in macchina, contatto di coinvolgimento diegetico con lo spettatore). Di conseguenza il bambino deve confrontarsi con una collettività omologata, regolata da un rigido processo educativo impartito da premurose e severe insegnanti, che per coinvolgere la classe assegnano in premio agli alunni più meritevoli fiorellini rossi di carta velina. Per Qiang, timido ma vivace, il riconoscimento diventa un desiderio pressante ed angoscioso, che lo costringe ad impegnarsi nelle attività disciplinari e a rispettare remissivamente le regole, turbandolo al punto da fare la pipì a letto e piangere sconsolato. Riesce comunque, anche se non per merito, ad ottenere gli agognati fiori, il primo gli viene assegnato come incitamento dalle maestre su sollecito dall’autorevole direttore dell’istituto, trova poi casualmente il secondo per terra in corridoio e spinto da un gesto di generosità lo dona ad un’amichetta, alla quale è stato sottratto per negligenza, che indifferente lo rifiuta e torna a giocare. Ora per il deluso Qiang i fiori non rappresentano più un gran valore, il vero obiettivo è rompere la routine scolastica e divertirsi con gli amici. In breve il bambino, prima beffeggiato dall’intera scolaresca, trasgredendo le regole e ribellandosi alle maestre conquista il rispetto dei compagni, fino ad arrivare a progettare di rapire l’insegnante nella convinzione che di notte si trasformi in un vorace mostro cattura bambini. Il piano fallisce e smentito dalle maestre perde la fiducia della classe e si ritrova miseramente isolato. Privo di tensione narrativa, mette in scena il passato, con i suoi aspetti contradditori socio-politico-culturali che si riflettono nel presente e si proiettano nel futuro, in modo sincero e altrettanto pacato, poco graffiante (la censura è sempre attenta), attraverso una stupenda e corale improvvisazione infantile e un’intensa profondità psicologica. Niente è svantaggioso, nessuno è negativo e non ci sono antagonisti. Come asserisce la maestra nel rimproverare il disubbidiente Qiang, ogni azione si ripercuote nel corso della nostra vita, se il bambino non riuscirà a placare i suoi istinti ribelli (rivoluzionari) nel periodo bello e spensierato dell’infanzia, da adulto sarà represso e rieducato dalle autorità.

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