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Il diavolo veste Prada

Regia di David Frankel vedi scheda film

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La recensione su Il diavolo veste Prada

di LorCio
6 stelle

Tratto da un best seller edito per noi da Piemme, “The devil wears Prada” è un film studiato a tavolino. C’è l’incontro-scontro tra due dive -a dire la verità solo una delle due è una vera diva e indovinate chi-, un robusto cast di contorno, una confezione pulita e perbene, un racconto fluido e accattivante, la moda. C’è una ragazzetta aspirante giornalista, Andrea, che viene assunta come seconda segretaria della direttrice della rivista di moda più importante e influente degli Stati Uniti. È un osso duro la direttrice Miranda, tirannica, perfida, massacrante, tagliente, intelligentissima. Non da pace ai suoi collaboratori, ha un carattere che forte è dir poco e non regala niente a nessuno. Ma Andrea capisce che per avere una vita meno complicata le deve dare testa, quasi sfidarla. E l’epilogo si rivela, in fondo, un happy end. La cornice di questa scaltra e acuta commedia al femminile, ma anche per maschietti, è quella della redazione della rivista, che trasuda lusso da ogni poro, anche dai tappetini dei mouse. Trasmette glamour ovunque. Ed è proprio tutta questa fastosità, l’eleganza della perfezione, la pulizia dello sfarzo che rende il film freddo e non del tutto coinvolgente. La regia è da serial tv alla “Sex and the city” -non a caso Frankel proviene da quel mondo-, le atmosfere sembrano riecheggiare altri prodotti sia del piccolo che del grande schermo, ma il risultato finale riesce ad essere così furbo che ti da l’impressione che sia qualcosa di mai visto. Certo, non è un’opera ripetitiva, ne tanto meno poco originale, ma forse realizzata con genericità e ruffianeria. Un poco deludente, quindi. E un cast polifonico, nel quale spiccano il brio di Emily Blunt e il raffinatissimo Stanley Tucci, si muove con finezza intorno alle due attrici principali. Più che Anne Hathaway, intimidita e carina, regna sovrana e impassibile una Meryl Streep mai così grande in ruoli da commedia. La sua Miranda è un mix di perfidia, perversione, acidità, intelligenza e classe ed è palese che si diverte spudoratamente. La scena dell’anteprima delle creazioni di uno stilista suo protetto è da antologia, con le sue smorfie e i movimenti facciali. Costruita su entrate teatrali e aggressive, sul gelo palpabile delle sue occhiate critiche, su un’intelligenza tutta al servizio del suo lavoro (memorabile la sua breve lezione sul ciclo della moda – il colore ceruleo, da un’idea geniale di Oscar de la Renta ai grandi magazzini - e sul perché nessuno possa sentirsene snobisticamente esente), Miranda, sotto Prada e sotto Valentino, è umana, malinconica, una regina taglia 46 in un mondo fatto di taglie 38, capace di dominarlo con pugno di ferro, ma anche di riconoscere, quando li incontra, gli altri fuoriclasse. Una prova preziosa e memorabile da Oscar.

Sulla colonna sonora

Accattivante.

Cosa cambierei

Voto: 6. Ma Meryl Streep merita, da sola, un bel 10.

Su Stanley Tucci

Una vera sorpresa, bravissima.

Su Emily Blunt

Raffinatissimo e sublime, è il non protagonista più geniale su piazza.

Su Anne Hathaway

Intimidita dal confronto con la divina Meryl, gioca di sottrazione e sembra quasi dimessa.

Su Meryl Streep

Enorme Meryl, superbamente ingombrante. Strepitosa e memorabile, vale da sola tutto il film e lo riscatta con energia. Probabilmente è la miglior attrice vivente. Straordinaria!

Su David Frankel

Pulita e anonima.

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