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Les jours où je n'existe pas

Regia di Jean-Charles Fitoussi vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Les jours où je n'existe pas

di Marcello del Campo
8 stelle

 

 

LIPOGRAMMA ‘UOMO’

 

Les jours où je n'existe pas di Jean-Charles Fitoussi (Francia, 2003) [dato da Ghezzi a Fuori Orario un paio di anni fa] si iscrive in un ambito tra il ludico e il letterario solo apparentemente perché con ‘il tempo non si scherza’ come dimostrano alcuni racconti di Borges e Cortázar [Il sentiero dei giardini che si biforcano del primo, Le rovine circolari del secondo, - tanto per fare un paio di esempi] e il bizzarro Los Cronocrimenes, film del 2007 di Nacho Vigalondo, di ascendenza bonaerense.

Il giorno in cui non esisto racconta la vita di Antoine, un uomo che vive tra l’esistenza e l’inesistenza; infatti, Antoine esiste [e vive] solo un giorno su due. Una volta ogni 48 ore, a mezzanotte, Antoine cessa di esistere, scompare e poi riappare dopo ventiquattro ore nello stesso posto in cui è scoccata la mezzanotte. Di questa vita dimezzata è scontenta la sua donna che non regge all’idea di vedere sparire l’uomo sotto i suoi occhi [per esempio mentre fanno l’amore] e ritrovarselo 24 ore dopo accanto per completare l’amore interrotto.

Film non banale, contrassegnato dalla asincronia e dalla sparizione del tempo, il film di Fitoussi è un apologo amaro su una vita dimidiata dall’assenza, inesorabilmente votata allo scacco.

Volendo trasferire la bizzarra vicenda dal campo esistenziale a quello grammaticale, è interessante annotare come il soggetto del film incarni figuralmente i divertissement patafisici della OU.LI.PO o OUVRAGE LITTÉRATURE POTENTIELLE di Perec, Queneau, Calvino [trasmigrati in forma divulgativa, grazie a Giampaolo Dossena, anche su riviste non specializzate]: alludo al lipogramma in ‘e’, vale a dire alla stesura di un testo coerente scritto senza utilizzare [‘léipo’ in greco: ‘tralasciare’] un elemento [‘gramma’] grammaticale appunto, una lettera dell’alfabeto.

Vale la pena annotare quanto sia arduo e rischioso costruire un romanzo di questo genere, ma Georges Perec è riuscito a farlo con La Disparition [edito nel 1969 da Gallimard], un romanzo di 300 pagine, con una trama ‘gialla’, scritto senza usare mai la lettera ‘e’. Ancora più ardito è stato il traduttore italiano Piero Falchetta ad assumersi il difficilissimo compito di tradurlo in italiano [La scomparsa, Guida Editore, 1995], non per caso il funambolo dei giochi linguistici Stefano Bartezzaghi ha fatto l’anagramma del nome Piero Falchetta che è risultato sorprendentemente Ha fatto Perec!

Può sembrare un gioco ma né Perec né tanto meno Fitoussi intendono scherzare o per lo meno di gioco si tratta, ma di ‘gioco del mondo’ come è intitolato il capolavoro di Cortázar.

Non si tratta di un gioco ‘esistenziale’ in Fitoussi poiché il suo film è una riflessione sulla natura del tempo come teorema preordinato della scansione della vita e sul rischio di perdita della propria identità, qualora, per un ipotetico errore di calcolo o per un intervento di forze oscure, un individuo venisse a trovarsi in una condizione di asincronia rispetto al normale scorrere del tempo. Immaginare di ‘mancare un giorno’ implica il tentativo vano di ‘ricostruire’ gli eventi del ‘giorno perduto’ con il dubbio terribile di trovarsi a indagare sul ‘vuoto’.

Non si tratta di ‘gioco’ linguistico in Perec poiché, a parte la natura religiosa del ‘logos’ che ha antiche connessioni con la Cabala ebraica, la vita di Perec, - segnata dalla ‘sparizione’ dei suoi genitori in un campo di sterminio, - e i suoi libri sono come in Fitoussi una ricerca del tempo perduto del corpo e della parola.

En archè en o logos

 

http://www.dailymotion.com/video/xpx4i3_les-jours-ou-je-n-existe-pas-bande-annonce-vf_shortfilms

 

 

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