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Il vento fa il suo giro

Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film

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La recensione su Il vento fa il suo giro

di ROTOTOM
8 stelle

Un professore decide di trasferirsi insieme a tutta la famiglia, in un paesino di poche anime tra le valli occitane del Piemonte, alla ricerca di una vita in sintonia con i ritmi della natura. Nella generale diffidenza che li accoglie cercano così di raggiungere un difficile equilibrio di convivenza tra il nuovo stile di vita e l’ostilità degli anziani abitanti del luogo.

"E l'aura fai son vir" - questo il titolo occitano del film - si riferisce al detto popolare che vuole il vento una metafora di tutte le cose, un movimento circolare in cui tutto torna. E così, confermando quell’assoluta verità tramandata dai detti popolari, torna anche il film. Un giro iniziato subito dopo il netto rifiuto della grande distribuzione di fare ciò che deve, distribuire, passando di bocca in bocca, di mano in mano, di cuore in cuore tra la gente che è corsa a vederlo nelle fugaci apparizioni in qualche sala particolarmente lungimirante come si farebbe con un miracolo ardentemente atteso. Il destino nel nome, quindi. Di un’opera di grande valore snobbata dal giro che conta per il tema, forse giudicato di interesse “locale”; le tre lingue in cui è recitato: italiano, francese e occitano ovvero la lingua d’oc, relegata da lingua testimone di un antico retaggio culturale d’origine rurale a sporadica definizione di cruciverba della settimana enigmistica; i sottotitoli, mefitico Mostro della Palude Silenziosa che secondo i Distributori pavidi tiene lontano lo spettatore dalle sale, cosa della quale non se ne comprende il motivo: se è vero che un fruitore medio di film ha imparato ad eseguire contemporaneamente due azioni in palese contrasto fra loro tipo ingozzarsi di pop-corn e Coca Cola e seguire il blockbuster del momento, essi (i Distributori) mostrano una totale sfiducia nelle capacità dello spettatore attento, quello che riesce ad abbinare testo e immagini in movimento fondendoli in unico, coeso messaggio artistico. Infine, ma credo non determinante ai fini del boicottaggio istituzionale, il ricorso ad attori non professionisti.
Il giro nel vento di questo piccolo, prezioso film, lo ha portato a mietere consensi e premi, incassando somme sempre maggiori mostrando in tutto il suo doloroso realismo la distanza che esiste tra domanda di una certa tipologia di film e l’intransigenza snob del sistema distributivo che pretende di “conoscere” se non addirittura di pilotare i gusti verso scelte di facile consumo. Il film d’esordio di Giorgio Diritti (allievo della scuola per giovani autori “Ipotesi Cinema”, coordinata da Ermanno Olmi) ha sicuramente la classe da competizione internazionale, bellissimo, montato e fotografato in maniera superba, scritto e diretto con mano sicura, mostra un asciutto trattato antropologico senza retorica o “piacionismi” dei buoni sentimenti. Un grande tema, l’intolleranza e la diversità, filtrato attraverso una piccola storia, composta di contrasti e sgradevolezze, cinismo salvifico libero da ipocrisie, personaggi-persone alla ricerca di un senso, composte in un ritratto verista che allontana quel senso dall’esistenza stessa liberandone le anime, nel vento.

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