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Mission: Impossible 3

Regia di J.J. Abrams vedi scheda film

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La recensione su Mission: Impossible 3

di Immorale
6 stelle

Dopo De Palma e John Woo, il testimone della (ormai) lunga serie cinematografica passa nelle mani di J.J. Abrams, fino ad allora attivo solamente come produttore e sceneggiatore. La vena autoriale dei suoi predecessori (ispiratissima e “mitteleuropea” quella di De palma, scolastica nella riproposizione di stilemi classici del suo cinema quella di Woo), viene quindi annullata in ragione di un avvicinamento al cinema “mainstream” imperante. La scelta, a mio avviso felice, di non confrontarsi inutilmente con gli inarrivabili predecessori e di ricondurre il brand alla sua origine televisiva di puro e spensierato intrattenimento, ha consentito al regista di dare sfogo al suo temperamento fracassone, con risultati alterni ma comunque non disprezzabili. Il canovaccio seriale, d’altronde, escluse le “virate” dei già citati maestri, non consente grandi sconvolgimenti, se non nell’estremizzazione delle missioni impossibili e nella costante progressione del (cinematograficamente) felice connubio tecnologico- umanistico applicato allo spionaggio. Non ci si annoia, pertanto, e per la prima volta la sceneggiatura  cerca di “normalizzare” la figura di Ethan Hunt, non più imprigionato in tragici ed estetizzati rapporti con familiari o mentori ma alle prese con più prosaici problemi di coppia tra un’impresa sovrumana e l’altra. Un paio di incongruenze di sceneggiatura contraddistinguono le azioni del nostro eroe in terra italica, palesi in particolare per chi come me è originario del retroterra romano: la scarsa conoscenza delle dinamiche urbane del traffico della capitale, con un gruppo di autisti romani che ti ringraziano (invece di linciarti sul posto) dopo avergli bloccato per una mezz’ora la marcia e l’impossibilità di credere, pur per noi avvezzi alle avventure “istituzionali” (queste si al limite dell’impossibile) del Berlusconi premier e delle sue ministre/parlamentari olgettine, che alla collega di Hunt (la procace Maggie Q) venga consentito l’accesso in Vaticano, per un ricevimento con la presenza di alti prelati e ospiti vari, praticamente vestita solamente con una moneta da un centesimo di euro. Difetti minimi, che non spezzano il ritmo e che vengono compensati da un ulteriore valore aggiunto alla visione: la presenza, quale antagonista, del compianto Philip Seymour Hoffman, qui sottoutilizzato e vagamente svogliato ma che riesce comunque con pochi tocchi di “mestiere” a tratteggiare compiutamente un convincente villain.

Sulla trama

Movmentata.

Su J.J. Abrams

Pratica.

Su Tom Cruise

Insonne.

Su Michelle Monaghan

Ignara.

Su Ving Rhames

Presente.

Su Keri Russell

Martire.

Su Philip Seymour Hoffman

Glaciale.

Su Laurence Fishburne

Ambiguo.

Su Maggie Q

Saettante.

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