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La vita segreta delle parole

Regia di Isabel Coixet vedi scheda film

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La recensione su La vita segreta delle parole

di maurizio73
6 stelle

Hanna è giovane e bella e nonostante la sordità, lavora in una fabbrica di imballaggi nel Nord dell'Inghilterra dove conduce una vita semplice e riservata, nascondendo agli altri e forse a se stessa il ricordo e le tracce indelebili di un terribile segreto che hanno segnato la sua giovinezza. Quando è costretta dal suo capo a prendere un lungo periodo di ferie, trova casualmente la possibilità di prestare soccorso come infermiera ad un giovane tecnico rimasto gravemente ustionato su di una piattaforma petrolifera al largo delle coste scozzesi. Qui imparerà ad aprirsi ed a condividere con un'altra persona tanto le limitazioni del fisico quanto quelle, ancor più profonde e insanabili, dello spirito e della mente.
Replicando le attenzioni e le sfumature di un cinema che indaga con dolente rassegnazione i segreti tormenti di una donna interrotta ('La mia vita senza me' - 2003) Isabel Coixet si affida una volta ancora alla struggente dolcezza di una Sara Polley in stato di grazia per una produzione iberica in trasferta anglosassone, in cui far risuonare l'eco lontana di un dolore che si propaga nel tempo e nello spazio gelosamente al riparo dalle facili confessioni del dramma sentimentale. Insinuando con la sibillina voce narrante di una fantomatica corrispondenza epistolare le tracce forse reali o forse immaginarie di una eredità sentimentale figlia del dolore e della violenza dell'uomo, la Coixet trascina la sua protagonista lungo un percorso di riscatto e di redenzione che trova nella vicenda complementare del suo paziente un momento irrinunciabile di condivisione e di consolazione reciproca al di là delle menomazioni del fisico (lei è sorda e lui temporaneamente cieco) e di quelle ancor più insanabili della mente, legate come sono ad un passato inconfessabile che sembra averne imprigionato l'esistenza in un eterno presente congelato nel rimorso e nel senso di colpa. Nel parallellismo esemplare su cui gioca la sceneggiatura dell'autrice spagnola e nelle suggestioni remote di un'ambientazione che precipita questa 'corrispondenza d'amorosi sensi' (Lettere di una monaca portoghese) nel non luogo di una precarietà fisica che rispecchia idealmente quella sentimentale dei suoi derelitti protagonisti (persino una coppia di macchinisti sposati e con prole che si baciano tra di loro...'rimanendo veri uomini però'), si trova la misura di una struttura narrativa che mira al paradigma etico confrontandosi coraggiosamente con una materia scivolosa e sdrucciolevole come può essere tanto il ponte di una piattaforma in dismissione battuta dall'incessante moto ondoso del Mare del Nord quanto con quelle di una Storia personale e collettiva che fa ricadere le colpe di molti su quelle dei suoi pochi e disperati sopravvissuti (La guerra dei Balcani). Comunque interessanti le bizzarre idiosincrasie dei personaggi di contorno e le malinconie di un repertorio blues di raffinata bellezza (tra cui la nostrana 'Gioco d'azzardo' di Paolo Conte), il finale indugia tra melodramma e le parole segrete e struggenti di una inconfessabile eredità d'amore. Presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia.

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