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Le tre sepolture

Regia di Tommy Lee Jones vedi scheda film

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La recensione su Le tre sepolture

di Kurtisonic
4 stelle

Il destino di Pete, il protagonista, è quello di non saper vedere. Non capirà molto del mondo che lo circonda e che non gli appartiene più, e Tommy Lee Jones oltre che interpretare Pete, è anche il regista che cerca di ripercorrere quelle strade perdute in fondo agli States che altri prima e meglio di lui hanno ampiamente sezionato. Nel moderno west, i cowboys non sparano più, sono le povere caricature degli avventurieri, degli uomini di legge, dei colonizzatori, hanno bandito dal loro codice morale ogni barlume nichilista, qualcuno citando questo film nomina Peckinpah, ma il terreno su cui si muove TLJ-Pete è decisamente meno arido. In questo mondo di confine non c’è niente da fare, se non difendere limiti immaginari dalla pacifica invasione di messicani ancora più poveri e disillusi. Il film racconta del cammino a ritroso verso sud del gringo Pete che vuole dare una degna sepoltura all’amico messicano Melquiades ucciso per sbaglio dalla polizia di frontiera. L’interpretazione di TLJ regge l’impianto narrativo possedendo già di suo quella faccia perfetta per il ruolo,  ma la sceneggiatura risulta debole e alquanto lacunosa. Il regista vuole edificare attraverso la solitudine interiore di Pete, l’amicizia con il messicano cercando di tratteggiare similitudini e affinità caratteriali. C’è anche l’uomo della legge, un cinico sceriffo portato più al menefreghismo di comodo che all’autocelebrazione, è un personaggio inserito a dovere nel contesto ma la regia ad un certo punto decide di cancellarlo, senza colpo ferire, ma nel west vecchio o nuovo che sia non è mai così. Il poliziotto responsabile dell’omicidio è un giovane appena trasferito dalla città, è vuoto come le pagine dei giornali che la sua degna mogliettina sfoglia svogliatamente, i due sono una coppia simbolo dei tempi che corrono, senza un cuore, passioni, vitalità. La regia come detto, convoglia su Pete tutte le qualità possibili, anche quella dose minima di brutalità da consumare sulla pelle dell’omicida è assai contenuta, riuscirà ad ottenere l’effetto opposto agli intenti: ne risulta un personaggio distante da quella forza morale che dovrebbe animarlo, incapace di una rivalsa fisica, confuso e smarrito in un sentimento irreale e del tutto presunto con la vittima. Si salva parzialmente la donna del saloon (tavola calda),che proverà a riportare Pete con i piedi per terra. Il racconto si riduce a puro struggimento nostalgico, a ricordino fotografico, a impotente rimpianto, in uno scenario che troppo bonariamente ci riporta ad una favoleggiante Macondo, belle immagini certo, ma che possono richiedere un funerale solo. 

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