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L'uomo perfetto

Regia di Luca Lucini vedi scheda film

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La recensione su L'uomo perfetto

di giancarlo visitilli
6 stelle

Che “l’amore fa fare cose orribili” è una verità grande e antica quanto il mondo. Con questo assunto, il regista Luca Lucini, tornato alla regia dopo il successo di pubblico, ottenuto con il teen movie Tre metri sopra il cielo, suo primo lungometraggio, ha realizzato il film L’uomo perfetto. Una commedia divertente che sviluppa le (dis)avventure e l’intreccio amoroso tra i quattro protagonisti.
Siamo a Milano. La prima donna è Lucia, giovane pubblicitaria, intenta ad ingaggiare un bel tipo, Antonio, per cercare di rompere il sodalizio tra la sua amica Maria e il suo amore sin dai tempi dell’adolescenza, Paolo, per avere strada libera e riconquistarlo. Arduo, da grande impresario, il ‘programma’ che Lucia prepara, facendo diventare il suo “sicario d’amore” un clone al maschile, l’uomo perfetto, nei gusti della sua amica Maria, per sperare di poter creare tra i due un feeling incredibile che teoricamente destabilizzerà il rapporto tra Maria e il suo Paolo. Ma le cose non andranno proprio così. In amore niente è determinato, prestabilito. Tanto che sarà la stessa Lucia a rimanere coinvolta sentimentalmente proprio da colui che aveva ingaggiato.
Non è da tutti oggi riuscire a far divertire il pubblico al cinema mediante una commedia. Lucini ci riesce, consapevole della sua stessa leggerezza. L’uomo perfetto è sostanzialmente un film senza troppe pretese, ma che ridesta quel sano riso di cui a cinema si sente molta mancanza.
Gli attori, tutti, sono naturali ed esprimono con ironia e sentimento i loro ruoli, a cominciare dall’imperfetta ma estremamente affascinante Francesca Inaudi (già apprezzabilissima in Dopo mezzanotte di Ferrario) e Riccardo Scamarcio, fra il bullo e lo ‘sfigato’. Ben incastonati in una Milano grigia e piovosa, che il regista rende mediante un utilizzo della macchina da presa sapiente, che, seppure non ostenta agilità costruite da pubblicitario, racconta il suo mondo con leggerezza, evitando di toccare le crisi generazionali e ideologiche di mucciniana memoria.
Interessantissimi gli spunti sulla ‘clonazione’ dell’uomo: una commistione di modelli derivanti dal mondo della pubblicità e della tv, che non ostenta una predilezione per il cinema indiano e taiwanese “specie da quando John Woo è andato ad Hollywood”.
Pezzo forte del film, comunque, rimane quello in cui la cena-rivelazione, diventa il pretesto per mettersi a nudo e scoprire che, specie in amore, nessuno è perfetto.
Giancarlo Visitilli

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