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Peppermint Candy

Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film

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La recensione su Peppermint Candy

di joseba
10 stelle

Venti anni di vita di un uomo, venti anni di vita della Corea del Sud. Dal 1999 al 1979: a ritroso nel tempo. Secondo lungometraggio dell'ex scrittore Lee Chang-dong (futuro Ministro della Cultura e del Turismo dal 2003 al 2004), "Peppermint Candy" è un film di cristallina, straziante bellezza. La tragica e paradigmatica vicenda di Yong-ho (Sol Kyung-gu, una cicatrice che cammina) si dispiega "à rebours" in sette pannelli narrativi che coprono venti anni della sua vita (le riprese proiettate all'indietro dal retro di un treno fanno da filo conduttore tra i vari episodi). 1. "Picnic", primavera 1999. In evidente stato confusionale, Yong-ho raggiunge un gruppo di vecchi amici sulle rive del fiume Han, si dimena tra loro e si arrampica sui binari ferroviari. Freeze frame sul suo volto che urla "sto tornando indietro!", mentre una locomotiva è sul punto di travolgerlo.
2. "La macchina fotografica", primavera 1999 (tre giorni prima): Yong-ho si procura una pistola per uccidere il suo ex socio in affari e suicidarsi, ma è raggiunto da uno sconosciuto che gli comunica che il suo vecchio amore Sun-im (la luminosa Moon So-ri) desidera vederlo. i due partono in viaggio verso l'ospedale in cui la donna è ricoverata in fin di vita. 3. "La vita è bella", estate 1994. Gli affari di Yong-ho non vanno affatto bene e per di più sua moglie lo tradisce. Dopo avere sorpreso (e malmenato) moglie e amante in una camera d'albergo, l'uomo si consola ricambiando l'infedeltà con la sua segretaria e concedendosi una cena in un ristorante in cui incontra un individuo che non vedeva da anni. 4. "La confessione", primavera 1987. Yong-ho è un poliziotto che difende l'ordine costituito scovando e torchiando studenti contrari al regime. Ne pizzica uno in una sauna e lo porta in centrale, dove, insieme ad altri colleghi col pelo sullo stomaco, gli estorcono una confessione con le maniere forti. Il ragazzo torturato è lo stesso individuo che Yong-ho incontrerà anni dopo al ristorante. 5. "La preghiera", autunno 1984. Yong-ho si è appena arruolato in polizia e assiste, prendendovi parte per la prima volta, ai sadici metodi di indagine dei suoi colleghi. Riceve una visita dalla delicata Sun-im, all'ingenuità della quale reagisce però con sprezzante cinismo, preferendole la futile cameriera del locale che frequenta abitualmente. Prima di fare l'amore, questa le chiede di pregare insieme a lei. 6. "Un incontro mancato - La visita militare", maggio 1980. Yong-ho è nell'esercito e il suo plotone è inviato a reprimere una rivolta studentesca. Nel frattempo Sun-im si è recata in caserma per incontrarlo, venendo bloccata all'ingresso perché è entrata in vigore la legge marziale. Non riconosciuto, Yong-ho vede Sun-im dal camion che lo sta portando in città a sedare la ribellione. Durante gli scontri viene ferito a una gamba ed è costretto a fermarsi sui binari morti di un deposito ferroviario. Qui, involontariamente, commette l'errore fatale che gli cambierà la vita. 7. "Picnic", autunno 1979. Insieme agli amici che incontrerà venti anni dopo nello stesso luogo, Yong-ho è sulle rive del fiume Han per una gita di piacere. Tra loro c'è anche Sun-im, che mostra particolare attenzione per lui regalandogli una caramella alla menta. A Yong-ho sembra di essere già stato lì. "Forse in sogno", dice lei, "spero sia stato un bel sogno". Lee Chang-dong filma questa regressiva via crucis con stile paurosamente limpido: inquadrature lunghe tendenti al piano sequenza, rari e misurati movimenti di macchina, quasi totale assenza di soggettive. Una misura visiva di straordinaria essenzialità, capace di colpire frontalmente senza moine spettacolari o espedienti ricattatori: così depurato, il linguaggio filmico di Lee si fa riflessione di pungente, lacerante esattezza sulla deriva violenta che ha contraddistinto la storia della Corea sotto il regime militare, annientando con cieca ferocia gli impulsi più vitali e progressisti del corpo sociale. Un film poderosamente civile, ma totamente privo di funesti didascalismi e manicheismi d'accatto. Un polittico autocritico spaventosamente commovente. Capolavoro.

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