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L'indiscreto fascino del peccato

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su L'indiscreto fascino del peccato

di LorCio
8 stelle

Osava parecchio, Don Pedro, quand’era ancora un garzoncello scherzoso e pure parecchio incazzato, figlio della libertà post-franchista di un paese geneticamente contraddittorio. La Spagna è storicamente una nazione cattolica, e lo shock all’uscita del film è comprensibile (e non è un caso che in Italia fu massacrato dalla censura): impensabile un convento di suore, appartenenti all’ordine delle Redentrici Umiliate, in cui si afferma il principio secondo cui il peccato, per essere sconfitto, va conosciuto. Impensabile una madre superiora con passioni lesbiche capaci di mordere l’anima fino a renderla morbosamente crudele, dedita all’eroina e intenzionata a difendere strenuamente il proprio piccolo mondo fuori dal mondo reale che accoglie le anime peccatrici (in questo caso una cantante il cui compagno è morto per overdose). Impensabile un convento nelle cui stanze rosa caramello (acido) campeggiano ritratti pop della madonna.

 

Impensabili la suora che scrive romanzi pornografici sotto falso nome, la suora che alleva una tigre in giardino, la suora che si fa di LSD, si autolesiona e cucina torte rancide. Impensabili i nomi che si sono assegnate (Suor Vipera, Suor Maltrattata Da Tutti, Suor Perduta, Suor Sterco…). Ma se si considera che stiamo parlando del regista più spudorato e melodrammatico del cinema spagnolo del secondo novecento, tutto ci sembra così naturale, senza il benché minimo sospetto che si possano individuare autocompiacimento o cattivo gusto in una messinscena che riesce a non rendere mai sgradevole il kitsch evidente (cifra essenziale dell’autore: il lenzuolo su cui si trasfigura il volto di Yolanda in una specie di rimando biblico) e l’assurdità di una storia al di là del bene e del male.

 

Mèlo sfacciato, intelligentemente ed imprevedibilmente rispettoso nonostante la palese irriverenza (le suore intese come donne represse dalla lontananza dal mondo a-normale, ma anche come devote e premurose sacerdotesse di un rifugium peccatorum in cui si riflettono le loro ossessioni e le loro frustrazioni estreme),  indiscretamente pop nonché tremendamente disperato, si avvale di un comparto di attrici in stato di grazia, in cui almeno vanno citate Chus Lampreave (caratterista infallibile), Mary Carrillo (l’arcigna e tintissima marchesa) e Julieta Serano come madre superiora a cui Don Pedro concede un finale senza via di scampo.

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