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L'ultimo samurai

Regia di Masaki Kobayashi vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo samurai

di Antisistema
9 stelle

Squadra che vince non si cambia, così lo stesso team creativo di regista e sceneggiatori del capolavoro Harakiri (1962), ritorna confezionando un'altra pellicola a tema samurai.

Nell'Ultimo Samurai (1967), sono oramai passati oltre 100 anni dalla battaglia di Sekigahara, il Giappone è pacificato sotto il governo dello shogunato della dinastia Tokugawa e dei samurai non resta altro che un ricordo, visto che oramai sono tutti riciclati all'interno dell'amministrazione delle varie famiglie nobili come dei burocrati e l'arte della spada sembra essere divenuta un cerimoniale privo di qualsiasi valenza pratica.

Pace non vuol dire che non esistano dei conflitti latenti, anzi, per mentenere essa il potere necessita di dover sacrificare le aspirazioni dei singoli individui; Isaburo Sasahara (Toshiro Mifune), e' un samurai molto abile con la spada, godendo di molto rispetto presso il suo signore ed ha un'amicizia forte con Tatewaki Asano (Tatsuya Nakadai), con cui intrattiene proficue conversazioni; in un'esistenza apparentemente perfetta, Isaburo si accorge che nella sua vita gli è sempre mancata una cosa; la libertà di aver potuto scegliere e perseguire la propria felicità, infatti si trova da molti anni in un matrimonio insoddisfacente con la moglie poiché venne combinato, non vuole che suo figlio Yogoro debba seguire la sua stessa sorte con l'imposizione da parte del daimyo Matsudara di sposare la sua concubina Ichi (Yoko Tsukasa), con cui ebbe un figlio ed adesso la ripudia.

 

Secondo film a tema samurai per Kobayashi e ci si ritrova innanzi ad una nuova storia di ribellione, i soggetti fautori della rivolta verso il potere sono Isaburo, suo figlio Yogoro e la moglie di quest'ultimo Ichi. 

Seppur imposto per fortuna di Yogoro, il matrimonio con Ichi è stato molto soddisfacente e si ritrova con una moglie brava, diligente e devota. La morte dell'erede naturale di Matsudara, fa diventare erede al trono il figlio avuto con Ichi, la quale adesso per salvare le apparenze, viene richiamata a corte, stanca di essere trattata come un oggetto e visto il netto rifiuto di Yogoro, inizia uno scontro tra costoro e le autorità.

Una vita di imposizioni ha fatto si che all'ennesimo ordine impartito dall'alto, Isaburo si schieri con forte determinazione con suo figlio Yogoro ed Ichi, andando contro tutta la propria famiglia che teme ripercursioni negative dal rifiuto, specie sua moglie Suga ed il suo secondogenito Bunzo. 

 

Isaburo, Yogoro ed Ichi sono tre persone che nella vita hanno patito la medesima imposizione da parte delle autorità e che innanzi all'ennesimo cambio d'umore delle alte sfere, dicono fermamente basta a queste costruzioni che annichiliscono la loro persona. Isaburo (interpretato da uno statuario Toshiro Mifune) è il più determinato del terzetto, tanto da rafforzare il proposito di opporsi a tale ingrato ordine anche a suo figlio Yogoro, il quale dopo un teatrale cambio di luce marcato tipico dello stile di Kobayashi, diventa fiero sostenitore della scelta di andare fino in fondo allo scontro totale con l'autorità politica.

Ancora una volta delle figure che dovrebbero rappresentare la tradizione come i samurai, si fanno portatrici di un'istanza di cambiamento contro un sistema politico e di valori impermeabile ad ogni possibile rinnovamento e possibilità di venire incontro alla volontà dei governati; questa volta ai samurai si aggiunge anche Ichi, la quale fortemente innamorata di Yogoro, caparbiamente con quest'ultimo decide di perseguire fino in fondo la sua libera scelta.

 

La regia asseconda la ribellione di questi tre individui ed il loro percorso che indubbiamente potra' portare solo ad una conseguenza prevedibile.

In effetti se il film stilisticamente è ineccepibile poiché Kobayashi è un eccellente tecnico con la macchina da presa ed anche migliorato nel riprendere i combattimenti, nella scrittura il film risulta essere un po' derivativo da Harakiri e troppo marcato forse nel ritrarre le psicologie dei propri personaggi (Isaburo non è Hanshiro con la sua evoluzione di pensiero esplicata tramite flashback), senza contare la gestione del personaggio di Bunzo, che risulta totalmente assente per 1/3 di pellicola e manco menzionato da alcuno e poi improvvisamente compare in scena (Per la prima parte di film che stava facendo? Una partita a solitario?).

Seppur manchi la carica di originalità di Harakiri, comunque questa pellicola indubbiamente và collocata tra le vette della produzione di Masaki Kobayashi.

 

locandina

L'ultimo samurai (1967): locandina

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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