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Il diario di una cameriera

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su Il diario di una cameriera

di ROTOTOM
8 stelle

Biopsia di una borghesia in nero. Incisione a freddo della carne morta di una obsoleta e sterile borghesia classista e viziosa dove nessuno si salva. Sotto l’aura di benestante perbenismo le malattie vere o presunte, vizi palesati o nascosti, desideri soffocati frantumano gli animi umani, ne tritano il già affettato linguaggio sempre ostile e minaccioso. Oggetti di un valore relativo ingombrano la vita di questi personaggi e ne sanciscono la povertà d’animo delegati come sono a sublimare la grandezza perduta dell’uomo in una sorta di blasfema transustanziazione. Blasfemo è Bunuel, cattivo e spietato. Lui è ciò che circonda la storia, l’aria, i muri della casa, gli odori e le pulsioni più distruttive. Una martellata vigorosa al perbenismo e alla cieca ignorante ottusità della religione cattolica colpevole per il regista, di tutti i mali che affliggono il mondo. Celestina è la cameriera che viene da Parigi, un po’ più di serva un po’ meno di padrona, scheggia infilata nel costato del cadavere morente della borghese umanità che l’accoglie, in disgregazione, accelerandone il processo di decomposizione, di smembramento e riposizionamento delle sue parti in una nuova forma, possibilmente che l’accolga. Il film è glaciale nella messa in scena, portatore sano di uno stile inimitabile, surreale e ricco di simbolismi più o meno palesi, occorrenti per instillare nella mente di chi assiste il senso di disfacimento e il sottile senso di disastro imminente che pervade tutta la storia. La morale viene schiantata, l’innocenza letteralmente violentata e divelta come un corpo estraneo da un luogo di innaturale devianza. La religione regola e soffoca il dovere coniugale, i padroni diventano servi delle loro pulsioni e i servi assurgono a nuovo potere. E’ il caos primordiale, o meglio il rimescolare casuale dell’ordine umano che non serve a nulla se non a scambiare tra loro le pedine senza alcuna redenzione. L’alto e il basso si fonde in un unico corpo, commedia e tragedia, perbenismo di facciata e intima violenza quotidiana che incide e sgretola a poco a poco, esaspera e deflagra nel crimine più abbietto, nell’indifferenza verso la sofferenza e la certezza della salvezza. Padroni che si fondono a servi, mogli malate e mariti troppo sani e baldanzosi. Blasone riconosciuto e menzogne assortite. In questa danza degli opposti c’è posto per la scaltra e ambigua Celestina che sfrutta tutto e tutti per la scalata da serva a padrona, calpestando legge, ideali, sfruttando la morte di una bambina per i suoi scopi e l’ingenuo amore di un bislacco ex ufficiale militare facendosi sposare. Alla fine tutto rimane come prima, solo un po’ peggio

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