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House of the Dead

Regia di Uwe Boll vedi scheda film

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La recensione su House of the Dead

di giurista81
4 stelle

Il produttore e regista tedesco Uwe Boll, specialista per gli adattamenti dai videogiochi e considerato dagli appassionati il peggior regista contemporaneo, tenta di seguire le mosse di Paul W. Anderson e cura un adattamento dal videogioco House of the Dead. I risultati non sono equiparabili. Laddove Resident Evil sposa la via fantascientifica e cerca di innovare il genere, Boll non sa che pesci prendere e copia a più non posso, guardando anche alle tecniche di ripresa di pellicole d'azione come Matrix (in una scena vediamo al rallentatore e in dettaglio un proiettile che esplode in aria, liberando la rosa di proiettili più piccoli che vanno ad attingere il bersaglio). Pur sfruttando autori iconici come Jurgen Prochnow, il film si perde in una sceneggiatura folle e sconclusionata. Un gruppo di giovani decide di pagare mille dollari a un barcaiolo (Prochnow) per fasi traghettare su un'isola, a largo della Florida, dal nome alquanto profetico: Isla de la Muerte. Boll si muove su in contesti scenografici e con una messa in scena prossima agli zombie movie di vari Bruno Mattei e Claudio Fragasso, avendo tuttavia a disposizione un budget di 7 milioni di dollari (Resident Evil ne era costati 33). Così vediamo un ambiente tropicale, avvolto dai fumi della nebbia e circondato da acque gorgoglianti, dove ci si può addentrare fino a trovare una casa abbandonata. Qua dentro si scopre essere ancora attivo un laboratorio. Sulle mensole danno mostra di sé provette, contenitori che contengono creature in formaldeide e altro. La fantasia degli sceneggiatori non esiste, basti pensare che il motivo dell'approdo è giustificato dalla presenza sull'isola di un rave party a cui i giovani intenderebbero partecipare. Tra omaggi sparati a casaccio a miriadi di film, ivi compreso Lo Squalo, va in scena un giocattolone da molti considerato il peggior film mai realizzato sugli zombie (è vero solo se rapportato al budget). Boll fonde il morto vivente romeriano con quello della tradizione voodoo. Gli zombie rispondono agli ordini di un santone zombie (un ex prete spagnolo del '800 messo al bando per i suoi esperimenti sull'immortalità), trasmettono il male con un morso, corrono, addirittura nuotano e possono essere uccisi anche senza sparare nella loro testa. Il santone tuttavia, come quello descritto da Lovecraft nel racconto Re-Animator, riesce a comandare il proprio corpo anche se è stato decapitato, è intelligente, continua gli esperimenti e ha il dono della parola. Boll è fracassone, gigioneggia al montaggio con abuso del rallentatore, del fermo immagine e delle accelerazioni, condendo il tutto con spostamenti circolari di camera alle spalle dei suoi protagonisti e inserendo, tra uno stacco e l'altro, dei momenti ritagliati dal videogioco. Il parallelo con la fonte di ispirazione viene sottolineato anche al momento dei decessi dei protagonisti, quando un filtro rosso colora l'inquadratura. Inoltre, per chi non lo avesse ancora capito, le scritte Sega campeggiano in background. La regia di Boll rovina pertanto un film che avrebbe potuto conquistare la sufficienza, grazie alla fotografia, agli effetti speciali (teste che scoppiano) e alle scenografie. La mazzata finale arriva dalle doti marziali di un gruppo di teenager, tra cui alcune ragazze (abbondante presenza di topless) che si scoprono eccezionali guerrigliere. Una dote, quest'ultima, posseduta anche dal santone zombie, che sfoggia calci circolari e a uscire. Troppo esagerato. Boll, in parte premiato al botteghino (il film incassa 10 milioni di dollari, cioè dieci volte di meno rispetto a Redident Evil), proseguirà il suo nefasto cammino arrivando tra il 2010 e il 2015 a produrre, con alterne fortune, una serie di zombie movie indipendenti diretti da registi toscani.

 

 

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