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Il fantasma del palcoscenico

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Il fantasma del palcoscenico

di Furetto60
8 stelle

Caleidoscopica e fantasmagorica opera di "Brian De Pama" Indimenticabile

 Il musicista Winslow Leach sta componendo una canzone sul tema del “Faust” per proporla all’onnipotente produttore Swan, per l’inaugurazione del suo Paradise, un nuovo tempio del rock. Ma Swan è uno spietato e cinico tycon, ruba a Winslow la sua musica e per giunta quando costui ne chiede conto di rimando, lo fa rinchiudere in carcere. Già sull’orlo della pazzia, Winslow evade, ma in seguito a un incidente con una pressa per vinili rimane sfigurato . Cosi completamente folle e disperato, decide di coprirsi il volto deturpato, sotto una grottesca maschera, nel frattempo, medita vendetta, aggirandosi minaccioso nei camerini e dietro le quinte del Paradise, diventa perfino assassino, struggendosi d’amore per Phoenix, ragazza dalla voce magica, concupita beffardamente dal suo nemico Swan, prova anche a suicidarsi, ma ne è impedito dal patto diabolico contratto.Geniale fusione di diversi generi è la migliore trasposizione del più volte riproposto “Fantasma dell’opera”, che qui diventa un’opera multistrato,una fantasmagorica commistione di cinema e musica, amalgama sapiente di varie tendenze sperimentali, sguardo d’avanguardia che irrompe negli spazi dello show business, facendone oggetto di racconto, e dissacrazione, cinema che parla di sé. De Palma da cinefilo incallito,cita, rimanda, raccoglie suggestioni, dissacra mescola musica, narrativa, teatro, performance art, miti antichi, con la più sfrenata modernità della nuova grammatica del rock, rielabora una miriade di suggestioni, restituendole in un unico flusso, fortemente personale.
Incrocia fondamentalmente tre spunti ispirativi: “Il fantasma dell’Opera” di Gaston Leroux, il “Faust” goethiano, e “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, con elementi ripresi anche da Frankenstein. Con echi di antiche mitologie sul Diavolo, sulle sue tentazioni e la “vendita” dell’anima in cambio di favori: l’immortalità, la giovinezza, la bellezza, il successo, il potere, Il regista rivisita tale mito universale, modernizzandolo. Il Diavolo adesso è la macchina, in senso lato,non solo registratori e impianti di riproduzione, ma anche la macchina dell’industria e del business, che tutto fagocita, spersonalizza e restituisce in forma omologata. E’ la macchina che schiaccia il volto di Winslow Leach e lo rende mostruoso. La macchina lo tortura e lo menoma, su ordine di un potere che ovunque giunge, gli ruba la voce. La macchina è la rappresentazione del male , onnipresente  e onnipotente e s’incarna in figure demiurgiche, legate all’arroganza dell’industria.
Film affascinante, cinico, beffardo, che tesse parodie sulle mode musicali anni Cinquanta e al contempo irride anche le nuove follie di massa del rock, riconducendole ad antichi riti orgiastico-demoniaci per celebrare, anchl’illusione della partecipazione, dell’esserci ad ogni costo. De Palma ammonisce su tali comportamenti,aderendo a un’idea di gioco autoreferenziale, in cui tutto rimanda ad altro o magari a se stesso, dal cinema di Hitchcock ,la doccia di Psyco qui riletta con un cantante gay , al Cesare del Dottor Caligari, non a caso evocato per l’introduzione di un personaggio musicale imposto dall’industria discografica, da Goethe a Leroux e Wilde, dal mito di Frankenstein a Prometeo, dagli eccessi spericolati del rock, all’anima candida dello sventurato “sfigurato”. Il film si chiude con una sequenza che per ammissione dell’autore evoca l’esperienza di “Dionysus in ’69” che all’epoca costituiva uno spettacolo d’avanguardia teatrale che s'interrogava, tra le altre cose sul rapporto tra palcoscenico e pubblico.
Ma è
il tocco di De Palma, in sostanza , a conferire al film la sua specificità, al contempo arcaico e modernissimo.
Nella sequenza in cui Beef muore sul palco colpito da un fulmine elettrico,
il montatore ottiene un effetto suggestivo,una sorta di “vibrato per immagini”, assemblando un gruppo di fotogrammi con inversione del loro ordine a coppie di due, un effetto speciale, ma realizzato con un’idea strettamente artigianale.
De Palma
gira adoperando una messinscena fragorosa e caleidoscopica, all’insegna del barocco, in cui le composizioni originali di Paul Williams si coniugano con inserti di musica classica, uso di colori sgargianti, costumi e scenografie smodate, inquadrature deformate, piani ravvicinati, prospettive esasperate, i famosi split-screen, invenzione proprio di De Palma. Il visivo imprigiona l’anima in un patto di sangue, il novello Dorian Gray affida l’ eterna giovinezza a un video che sigilla il patto scellerato. Il gioco meta-visivo arriva addirittura ad avvitarsi in un triplo salto:Winslow rinviene il video-contratto originario di Swan e dentro all’inquadratura di Swan in vasca da bagno, vi è uno specchio in cui appare il suo doppio satanico che gli propone il patto diabolico.
C’è pure una
stilettata alla tv, altro strumento mefistofelico,l’omicidio in diretta è un eccitante spettacolo come ai tempi dei gladiatori nel Colosseo e l’atmosfera orgiastica del finale è resa grazie ad un monitor piazzato negli studi di Swan. Nel 1974 quando il film è uscito eravamo ancora in epoca di nastro e vinile e lontani dall’avvento del digitale. De Palma, con grande senso profetico, costruisce un’opera lungimirante, in cui il cinema si può specchiare innumerevoli volte, Il fantasma del palcoscenico si avventura in questi territori e lo fa con uno straordinario spirito ludico, riuscendo a distanza di oltre quarant’anni, a restare innovativo ed estremamente divertente.

 

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