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Maborosi

Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film

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La recensione su Maborosi

di alan smithee
10 stelle

Yumiko non si rassegna in seguito alla perdita di due tra gli esseri viventi a lei più cari: la nonna ed il primo marito, entrambi scomparsi in circostanze misteriose di cui ella si sente parte in causa. La vita, la famiglia, la morte, i bambini. Koreeda, tra i migliori registi giapponesi di oggi, esordisce con un film intenso, lucido ed esemplare.

Che emozione ogni volta Koreeda! Che emozione Maborosi!! Quella musica struggente che unita alle immagini studiate (ne vedete qualcuna qui piuttosto suggestiva ed evocativa delle emozioni che è in grado di suscitare) e meditate con una precisione rivelatrice già da questo esordio sfolgorante, di quella che sarebbe stata la sua carriera di cineasta eccelso ed ispirato, riesce ad entrare nel cuore dello spettatore, a farlo partecipe dei drammi interiori che assediano, dalla giovinezza, la nostra bella e sommessamente triste protagonista.

Già da bambina, Yumiko vive come un colpa personale il fatto di non essere riuscita a trattenere con sé l'anziana nonna che, risoluta a morire nella sua isola d'origine, fugge da Osaka senza dare più notizie di sé. La scomparsa della vecchia coincide con l'incontro del ragazzo che diverrà più avanti il marito della giovane.

Quando anni dopo, costui muore in circostanze misteriose investito da un treno, Yumiko si strugge per anni ed anni per cercare di capire il perché di quella morte. Suicidio od incidente? 

Cosa potrebbe aver spinto un marito apparentemente felice e realizzato ad uccidersi tre mesi dopo la nascita del loro bel bambino?

Qualche anno dopo Yumiko si unisce in matrimonio con un vedovo e va ad abitare con lui in un villaggio di pescatori affacciato sull'oceano. Un paesino suggestivo che ricorda l'Aci Trezza verghiano, dove la vita per la malinconica ragazza riprende, facendola divenire madre anche della figlia del secondo marito, di poco più grande del suo primogenito.

Ma lo struggimento sulle mancate risposte di quelle due sparizioni non abbandoneranno mai la donna.

Senza tragedie né colpi di regia, con la pacatezza ed il tatto da gentiluomo, la compostezza che Koreeda e solo pochi altri sanno mantenere, il gran regista nipponico esordisce nel lungometraggio parlandoci, già in questa occasione, di famiglie allargate e ricomposte, di bambini e di vite che vanno e vengono; della morte che separa e del potere della famiglia di riunire a sé e di dare la forza di continuare a lottare e a vivere.

Un film lucidissimo e avvolgente, che sa emozionare e condurre verso una soluzione razionale ed emozionale che non sbanda mai nel melò facile o nella semplicistica improvvisazione drammatica, ma resta sempre ancorato alle dinamiche di una vita possibile, aperta a soluzioni che magari non riescono ad offrire risposte certe, ma possibili ed opportune: quelle che la vita di tutti i giorni ci offre, come una seconda possibilità per rimetterci in pista dopo il dramma che ci ha travolto.

Mai un pianto a dirotto; mai una scena sopra le righe: Koreeda è compattezza e dignità di scrittura, oltre che di rappresentazione. 

Squarci di natura e di solitudini nei borghi cittadini attraversati da teleferiche sospese e tranvai che sfrecciano nella solitudine di sentieri obbligati; figure nell'ombra che procedono con la bicicletta verde o a piedi nei loro scialli neri. Inquadrature fisse posizionate sapientemente in alto a riprendere quadri in movimento che potremmo guardare per ore senza mai stancarci.

Maborosi significa sogno, e potrebbe alludere a quello che fa destare con l'animo turbato la nostra dolce protagonista ogni mattina, quando si desta con la sensazione di rivivere ogni volta la scomparsa dell'adorata nonna. Ma è anche la luce premonitrice che certi pescatori, tra cui il padre del suo secondo marito, dicono di aver visto in mezzo al mare: un bagliore rivelatore di quei misteri che tanto affliggono la vita delle persone. E di Yumiko, sospesa nell'eterna ricerca di motivazioni e significati che le tolgono la felicità ed il sorriso. 

Nello splendido finale, la giovane si unisce ad un rito funebre e segue una fila di persone che procedono in corteo nella natura, in riva al mare, come per salutare la salma di un proprio caro prima di abbandonarlo definitivamente. 

Alla bella Yumiko ciò non è stato permesso, e forse proprio per quello ella cerca in quell'evento, il conforto di una privazione che le ha tolto, probabilmente per sempre, la capacità di sorridere e di cogliere gli attimi di felicità che la vita può ancora regalarle.

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