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Dogville

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Dogville

di scandoniano
8 stelle

Nella cittadina sperduta di Dogville una sera arriva Grace, in fuga da un gruppo di gangster. Tom, uno dei giovani del villaggio, la prende sotto la propria ala protettiva, introducendola alla cittadina e provando ad integrarla…

Il tema principale del film è quello dell’elemento esogeno che spariglia gli equilibri di un sistema ben consolidato: l’elemento è Grace (Nicole Kidman), il sistema è Dogville, la cittadina chiusa, immobile, retrograda. Ma si tratta di una metafora. Il film è un apologo nazistoide sulla malvagità umana e lo sconvolgente finale ne è la evidente testimonianza.

Von Trier, che realizza, anche per la messa in scena, uno dei suoi film più famosi e interessanti, affida il senso e la potenza della drammaturgia quasi esclusivamente all’architettura scenica: la scenografia è brechtianamente realizzata in un teatro di posa secondo un’unità spaziale che estremizza il concetto autoreferenziale di hic et nunc, prevede l’assenza quasi totale di sbarramenti interni alla città (pareti, porte, ornamenti di qualsiasi genere), testimonianza della trasparenza della comunità, mentre, ed una delle scene madri del film (quella in cui Grace apre le tende della casa di John McKay – Ben Gazzara) ce lo dice con chiarezza, si comprende come al di fuori della cittadina il resto del mondo esista, purtuttavia nascosto da un telone altissimo ed impenetrabile, che consente soltanto la distinzione del giorno dalla notte, metafora dell’isolamento del sistema-Dogville.

La progressione del film è scandita da una serie di scritte in sovrimpressione, a mo’ di didascalie da film muto, introdotte da un cartello che preannuncia “Il film Dogville raccontato in nove capitoli e un prologo”. Il film ha un cast stellare con numerose star affermate, ma anche di prospettiva: Gazzara, Caan, Baker Hall, Bacall, Kidman, Bettany, Sevigny e Skarsgaard.

Poche musiche, quasi sempre la macchina è a mano, ma il “voto di castità” tipico del Dogma ’95 è un lontano ricordo per via di molti evidenti sforamenti. Giudizioso affidare la voce fuori campo a Giorgio Albertazzi, considerata l’importanza nell’economia della storia. Il livello di sadismo e la sua sapiente progressione valgono da soli il prezzo del biglietto.

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