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Sogni d'oro

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Sogni d'oro

di VolpeAlex
10 stelle

;a terza opera di N.Moretti, "Sogni d'Oro", chiude una trilogia nevrotica, insieme ai due capitoli precedenti "Io sono un autarchico" e "Ecce Bombo", che contiene le manie e le ossessioni di Michele Apicella, dove in quest'ultimo capitolo è diventato un regista di successo in preda del rapporto edipico con la madre e sopraffatto dalla crisi d'ispirazione. E la storia viaggia in tre sequenze narrative: la realtà della propria vita quotidiana, i sogni che tendono a degenerare in incubi, la finzione scenica del film che sta girando intitolato La mamma di Freud. Appena uscì nelle sale cinematografiche, successivamente premiato con il Leone d'Argento alla Mostra del Cinema di Venezia, la critica lo accolse freddamente in quanto identicò immediatamente il protagonista con Nanni Moretti, sostenendo accuse fondate sullo stato di manierismo e che si basa esclusivamente su sé stesso e sui propri desideri, non curandosi dei rapporti con altre realtà; quando, in buona sostanza, scrolla di dosso il modello "felliniano" propondendo un tema delicato sulla sulla società dello spettacolo e sulla critica cinematografica. Quando il recensore, nel bel mezzo dei dibattiti, ripete incessantemente, praticamente come un mantra, che certi film non possono mai interessare un pastore abbruzzese, un bracciante lucano e una casalinga di Treviso, l'attore-regista non tende altro a evidenziare la cecità della critica pregiudiziale, sempre pronta all'attacco. I dubbi e le ansie generazionali, in effetti, acquisiscono in una connotazione ancor più personale, circostanziando tematiche che ci aiutano ad inquadrare meglio l’evoluzione artistica del regista; è una pantomima della vita quotidiana, se non addirittura, una farsa che esaspera il reale nel tentativo di stigmatizzare i mali del Bel Paese di allora, a ben guardare gli stessi che oggi viviamo in forma ancor più amplificata: l’indifferenza, l’ignoranza, il presenzialismo degli artisti sui media, l’immotivata egolatria.

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