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Frida

Regia di Julie Taymor vedi scheda film

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La recensione su Frida

di Bebert
8 stelle

In concomitanza con l’apertura della prima retrospettiva italiana della straordinaria pittrice Frida Kahlo alle Scuderie del Quirinale di Roma, può essere utile anche la visione di questo film del 2002 che ci trasporta nella sua vita e nell’opera, a mio parere con particolare impegno. La critica cinematografica, a suo tempo, non fu certo generosa e commise certo un errore. La regista Julie Taymor utilizzò la biografia di Hayden Herrera e trasse un film meritevole, rispettoso della figura della donna e dell’artista, del Paese d’origine e delle vicende storiche, dell’intreccio tra partecipazione amorosa e passione politica. La riduzione cinematografica di una vita così complessa e densa d'episodi costringe a fare scelte e anche a dare un contributo, con una propria interpretazione: in questo, si dovrebbe essere riconoscenti (ed onesti), perché la pellicola incede, non sempre scorrevole, ma con decisione, lasciando infine compiaciuti.

 

Il Messico del ‘900 è una nazione che ha ceduto, nella Guerra messicano-statunitense, oltre il 40 % del proprio territorio, non ha una stabile situazione politica e nel 1910 vive la Rivoluzione di Zapata, Villa e dei Criteros. Fino al 1946, anno della presa del potere del Partito Rivoluzionario Istituzionale (vicino all’URSS), è territorio di continui conflitti politici e sociali. Sono gli anni di Frida Kalo, nata nel 1907 presso Città del Messico da una famiglia benestante: studia medicina fino al momento in cui ha un tragico incidente su un autobus che si scontra con un tram. Si salva, ma una quantità incredibile di fratture e lesioni compromettono il suo futuro.

Il film non ci risparmia questa sciagura e giustamente si rimane intimoriti dalla reazione di questa diciottenne che oppone una vitalità stupefacente: ridotta in un sarcofago di gesso ed immobilizzata a letto inizia a dipingere il proprio volto, che vede allo specchio sospeso sopra di lei. Con sopportazione indescrivibile, perché bisognerebbe essere lì, al suo posto, legge e dipinge e matura quegli ideali socialisti che saranno suoi per il resto della vita. Sono anni d'isolamento: "Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio." scrisse di sé, poi con fatica e sacrificio riguadagnò un imprevisto ma fragile vigore.

L'incontro con Digo Rivera (Alfred Molina) fu fondamentale per inserirsi nell'ambiente culturale e politico messicano e in quel famoso pittore d'opere murali trovò anche il compagno desiderato e detestato: innamorato ma traditore, capace di muovere tribolazioni narrate nei quadri e nel comportamento. Perché Frida è capace di sopportare ma anche di vendicarsi - nella stessa maniera - con donne e uomini. Dell'attrice Salma Hayek è stato scritto che "recita sopra le righe", ebbene credo sia un pregio e un omaggio alla donna che interpreta, che sempre fece dell'anticonformismo una naturale inclinazione: dentro il movimento del Surrealismo entrò a modo suo, non dipingeva immagini vagheggiate dall'inconscio ma simboli e metafore di realtà vissuta, saggiata con sentimenti di poche soddisfazioni e tante avversità.

Orgogliosa del proprio Paese non si fa abbagliare dalla "ricchezza" degli americani, dei Rockefeller, che commissionano un murale a Rivera e poi lo distruggono. Rivera ci crede, spera d'essere accettato; Frida no, vede il marito come un King Kong che sale sul grattacielo-simbolo degli USA e cade abbattuto dai militari. Nel film i quadri si animano: è una scelta curiosa ma indovinata perché pittura e vita si uniscono, fino alla fine.

E, se posso dare un piccolo contributo per una "lettura" di quest'opera cinematografica, vorrei far notare che tutto converge nell'ideale di uno Stato Sociale in cui entrano Diego e Frida, differenti ma alleati nel regalare una storia di pittori che trasmettono, descrivono e comunicano e sono comprensibili. In tempi in cui non sappiamo distinguere il senso, la logica, se c'è una logica (per esempio in un dito medio alzato, c'è del raziocinio o una molestia arbitraria?) nell'arte che incontriamo, varrà riflettere su questi, che meritano d'essere nominati artisti e che hanno eretto opere monumentali - non per il formato ma - per la Memoria. 

 

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