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Il servo di scena

Regia di Peter Yates vedi scheda film

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La recensione su Il servo di scena

di LorCio
8 stelle

Celebrazione tutt’altro che retorica  e per niente assolutoria del mestiere dell’attore, Servo di scena è uno di quei film di cui non riesci a parlar male, vuoi perché (e questo è il più bello dei luoghi comuni) gli inglesi raramente sbagliano un colpo quando si parla di Shakespeare, vuoi perché Peter Yates realizza il tutto con dovizia e cura, perizia ed abilità, senza mai cadere nella maniera (altro luogo comune: quanto sanno essere manieristi gli inglesi, dio solo sa) o nella banalità.

 

Ma più di ogni altra cosa Servo di scena è un film completamente al servizio dei suoi due attori, prima ancora due personaggi scritti eccellentemente da Ronald Harwood nella commedia all’origine della trasposizione cinematografica: da una parte il capocomico Sir, dispotico baronetto della Regina che comanda una compagnia shakespeariana, fragile ed instabile, vulnerabile e crepuscolare; e dall’altra Norman, il suo dresser omosessuale, di cui Sir è totalmente dipendente, vittima degli squilibri del vecchio leone del palcoscenico, vagamente alcolista e remissivamente duro.

 

È un duetto d’attori fenomenale che Albert Finney e Tom Courtneay riescono a raggiungere le punte del divino, mettendo a segno due interpretazioni mastodontiche. Accusato di essere un raffinato esempio di teatro in scatola, Servo di scena è invece un’opera così intima, chiusa nel microcosmo di un teatro (nella fattispecie tra il camerino di Sir e il palcoscenico, con relativi corridoi e quinte), da essere totalmente cosmo, capace di parlare ad un mondo vasto e composito, perfettamente british e al contempo universale. La sua potenza, se volessimo andarla a cercare in particolari momenti, sta in una sequenza di devastante titanismo da parte di Sir (la tempesta in scena) e negli sguardi malinconicamente freddi ed innamorati di Norman, nonché in quel finale così ineluttabilmente naturale.

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