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Alfredo Alfredo

Regia di Pietro Germi vedi scheda film

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La recensione su Alfredo Alfredo

di alan smithee
7 stelle

Il timido impiegato di banca Alfredo, scapolo suo malgrado, riesce con molta fatica a farsi notare dalla bella farmacista Maria Rosa, pure lei apparentemente timida e introversa, salvo poi sfoderare, poco per volta ma in modo sempre più determinante, un carattere possessivo che finirà per ossessionare a tal punto il poveretto, da isolarlo dalla cerchia dei suoi già risicati amici del cuore, fino a coinvolgerlo in un matrimonio che sarà l'inizio di un'odissea di tribolazioni, manie e capricci che spingeranno alla fuga il piccolo uomo, trovando la salvezza nella solare e ben più aperta Carolina, e soprattutto nella nascente legge a favore del divorzio.

Implacabile e schietto nel sondare le pieghe più malsane su cui si radica quel progetto famigliare che racchiude in sé troppo spesso i connotati di una frustrazione latente e tendente a rasentare il paradosso ed il grottesco, forte di una satira ed l'ironia sferzanti che negli anni '60 hanno caratterizzato e dato nerbo al suo cinema più applaudito ed apprezzato da critica e pubblico, Pietro Germi ritorna a parlarci degli assurdi familiari, attraverso le tragicomiche vicissitudini che trasformano in un piccolo leone della rivendicazione alla libertà, da parte di un timido e riservato impiegatino, costretto dalle circostanze a cambiare pelle ed indole per riuscire letteralmente a salvarsi da un abisso ormai incombente.

Per un ruolo del genere. null'altro poteva sembrare più perfetto se non il piccolo mite protagonista di Cane di paglia del grande Sam Peckimpah, che solo un anno prima si era giovato della straordinaria performance tutta in crescendo, tra rabbia e determinazione, da parte di Dustin Hoffman, ottimo interprete del personaggio tutto in escalation di David Summer.

Alfredo Alfredo torna a focalizzare l'attenzione del regista sulle mostruosità che le inconciliabilità caratteriali del matrimonio, con i suoi vincoli e le sue regole inviolabili e sacre, impongono a due coniugi che spesso non arrivano a conoscersi appieno per valutare con vera consapevolezza il passo coniugale che poi li spinge verso il baratro.

Nel ruolo della "gatta morta" Maria Rosa Caravani, Stefania Sandrelli, alla sua quarta collaborazione con Germi,  si rende artefice di trasportare sullo schermo un altro dei personaggi esemplari della sua variegata carriera, che del resto col regista genovese ha sempre toccato l'apice qualitativo personale.

Le fa da contraltare per indole e atteggiamento, una sexy Carla Gravina, anche lei molto brava ad interpretare la stravagante Carolina Bettini, donna e partner della comprensione, della libertà e della protesta contro l'antico retaggio legato all'indissolubilità talvolta castrante e distruttiva del vincolo sacro e indissolubile del matrimonio religioso.  
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