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L'avversario

Regia di Nicole Garcia vedi scheda film

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La recensione su L'avversario

di LorCio
6 stelle

La storia è vera, e dunque lo choc è doppio. È la ricognizione esistenziale, tirata avanti attraverso flashback e un videomonologo, di Jean-Marc Faure che ha basato la propria vita sulla menzogna, facendo credere ai suoi cari di svolgere una luminosa attività professionale. Tra sussurri e grida, silenzi e fandonie, sussulti e patimenti, è un film freddo e sconvolgente che indaga con raffinata e sottile spietatezza sulle zone d’ombra della mente umana. Nella prima parte, quella più borghese ed ipocrita, si rasenta addirittura una inevitabile noia che sta quasi a simboleggiare l’assurda falsità della quotidianità di Jean-Marc. Come a rendere la sua vita pubblica una sintesi involontariamente fedele del suo privato, ossia la rappresentazione subdola di una apparente normalità. Ma normale non lo è affatto, Jean-Marc, e dopo tre quarti di film, vissuti nell’ansia che qualcosa di importante si sarebbe verificato di lì a pochi minuti, esplode nella sua escalation di calcolata violenza. Infatti, l’ultima mezz’ora si trasforma in un inquietante e teso thriller psicologico. Il risultato è agghiacciante. Due scene spiegano l’indecifrabilità del personaggio: quando vede in tv col figlioletto, prossimo all’uccisione, Papà Castoro (il cartoon in cui il babbo è un amabile raccontastorie) e la telefonata a casa da una cabina telefonica (allorché ascolta la voce del figlio che l’avverte dell’attivazione della segreteria telefonica). Daniel Auiteuil è lo strepitoso, glaciale protagonista del racconto: buona parte del film poggia sulle sue robuste spalle. Opera discontinua e finanche un po’ prolissa, non sempre colpisce dove e come vorebbe lo spettatore. Sarà forse per l’estremo (calcolato) distacco con la quale Nicole Garcia illustra la vicenda? Non credo. Però il film è da vedere, soprattutto per capire dove stiamo finendo con tutto questo proliferare di violenza, nonostante non mi abbia entusiasmato (ma quella è questione di sensibilità personali e di modalità di coinvolgimento). Inquietanti musiche di Angelo Badalamenti.

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