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Road House

Regia di Doug Liman vedi scheda film

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La recensione su Road House

di Andreotti_Ciro
5 stelle

Il regista Doug Liman, autore non nuovo ad action e disaster movie, suoi The Wall (id.; 2017) e Chaos Walking (id.; 2021), al momento dell’uscita del suo ultimo film ha sollevato numerose polemiche in merito alla scelta, a suo dire inspiegabile, di dirottare la pellicola su Prime Video bypassando del tutto l’accesso alle sale.


Una volta accantonate le polemiche, il remake firmato da Liman, con sceneggiatura a quattro mani firmata da Nick Cassavetes e Cassie Pappas, pare fin dalle prime battute discostarsi dalla pellicola originale, con la quale mantiene un legame dettato solamente dalla professione dei protagonisti. Perché se ne Il duro del Road House (Road House; 1989) Patrick Swayze svolgeva in un locale di Jasper (Missouri), la mansione di buttafuori come sua attività principale. Nella nuova pellicola, la cui location sono le Florida Keys, l’Elwood Dalton, impersonato da Jake Gyllenhaal, sceglie questo lavoro solo per estrema necessità, dato che in realtà altri non è che un ex atleta di arti marziali miste inseguito dai propri demoni.


Gyllenhaal, offre al ruolo sia la propria fisicità, a iniziare dalla struttura fisica per la quale ha assunto una massa muscolare più simile a quella del pugile protagonista di Southpaw – L’ultima sfida (Southpaw; 2015), sia la capacità di non prendersi mai troppo sul serio, rimanendo sempre in bilico fra il desiderio di strappare un sorriso e sferrare un pugno al primo avversario disponibile.


A risaltare, oltre al protagonista di Donnie Darko (id.; 2001), è un antagonista che con l’MMA ha molto a che fare: Conor McGregor, al suo esordio cinematografico e per il quale non sono stati necessari troppi accorgimenti che vadano oltre il menare le mani.


A nulla valgono nel complesso le scene di azione seppur ben costruite e una fotografia che immortale la Florida in alcuni anfratti iconici. Perché proprio la sceneggiatura relega il film a un’opera incompiuta. Ovvero partita sotto l’auspicio di buone premesse: come gli interrogativi riguardanti il protagonista, cosa lo spinga a essere irruento ma anche gentile, come si sarebbero sviluppati gli intrecci con gli altri personaggi. Ma che alla fine si perde in una serie di scontri che non rispondono a nessuno di questi interrogativi fino a farci domandare se fosse veramente necessario un remake così distante dall’originale, evento non certo disprezzabile, ma anche quanto sia stata sprecata un’occasione nel complesso ben costruita.

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