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Session 9

Regia di Brad Anderson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Session 9

di DeathCross
9 stelle

Terzo lungometraggio diretto da Brad Anderson, il quale firma anche la sceneggiatura insieme a Stephen Gevedon e cura in prima persona il montaggio, "Session 9" è il primo dei suoi thriller-horror e il quarto film da me visto (dopo "The Machinist", "Transsiberian" e "Vanishing on 7th Street"), quinto se contiamo l'episodio (magnifico) "Sounds Like" in "Masters of Horror".
Come nei suoi successivi Film 'di genere', anche qui si punta soprattutto su una dimensione psicologica, con colpo di scena finale, stabilendo un legame crescente tra la vicenda principale della pulizia del manicomio abbandonato e l'ascolto delle sessioni psicanalitiche di una paziente affetta da personalità multipla (le quali arriveranno fino al numero 9, da cui il titolo dell'opera). Prestando attenzione ad indizi vari, in particolare nel modo in cui vengono associate le identità della paziente nei nastri ai 5 personaggi principali (ma anche le rose abbandonate nel manicomio), avevo intuito come possibile soluzione qualcosa di analogo a quella effettiva, ma avevo ipotizzato anche un'interpretazione simile a quella del successivo "The Ward" di Carpenter e inoltre spesso vengono proposti 'inganni' che portano a rendere credibili altre soluzioni 'identitarie'. Comunque, pur fornendo una spiegazione, il Mistero resta in molteplici aspetti irrisolto spalancando la porta a lettura differenti, dalla possessione (di un 'demone', più tradizionale, o del Luogo, più à la "The Shining") alla psicanalisi, e volendo tirando in ballo anche le dimensioni parallele.
In ogni caso siamo di fronte ad un'Opera straordinaria in cui l'Orrore si fonda tutto sull'Atmosfera, ben resa dalla Scenografia decadente del posto (in parte un vero ex-manicomio), dalla Fotografia di Uta Briesewitz (che sfrutta sapientemente il digitale invece di lasciarsi sfruttare da esso), dal montaggio di Anderson (con gusto squisitamente 'alternato') e dalle Musiche dei Climax Golden Twins (sospese in una dimensione 'altra', né 'cattiva' né 'buona'). Molto importante anche il lavoro svolto dal Cast, con plauso particolare per Peter Mullan e brillante lo script. Insomma, un Gioiellino che stimola costantemente l'attenzione dell'individuo spettatore non solo per 'risolvere' l'enigma ma anche, e soprattutto, spingendolo ad un'affascinante auto-indagine delle proprie ombre personali senza pretendere di rivelare una qualche 'verità': forse anche per questo non potrà piacere molto a quel pubblico che, invece, pretende sempre un intrattenimento 'semplice', lineare e, in fin dei conti, rassicurante.
Da rivedere.

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