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La vendetta di Carter

Regia di Stephen T. Kay vedi scheda film

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La recensione su La vendetta di Carter

di Eric Draven
5 stelle

 

Ebbene, oggi a sorpresa parliamo del film che, a mio avviso, ancor prima del franchise I mercenari, ha inaugurato la seconda fase attoriale di Sylvester Stallone. Ovvero La vendetta di Carter di Stephen Kay. Come sapete, rifacimento molto sui generis della pellicola originale, Carter con un magnifico Michael Caine, qui mal omaggiato in un cammeo abbastanza trascurabile. Entrambi i film in originale si chiamano Get Carter.

Sì, secondo il mio parere (non affatto modesto, eh), La vendetta di Carter è il film che, a prescindere dalla sua discutibile qualità, ha ridato slancio a uno Stallone che, pur recitando egregiamente, volutamente imbolsito per esigenze di copione in Cop Land (film straordinario e una delle sue migliori performance di sempre), stava annacquando nella pigrizia, nelle solite solfe di film pacchiani, muscolari e risibili.

Ora sia chiaro, non che in questo film Stallone riproponga qualcosa di nuovo, anzi, interpreta la parte di un vendicatore solitario dal mascellone infrangibile, che picchia come un ossesso e va poco per il sottile. Dunque, Sly ci propina senza troppa fantasia il suo solito, appunto, stalloniano mood interpretativo e il personaggio da lui incarnato non si differenzia molto, anzi, quasi per nulla dal consueto suo celeberrimo prototipo di action man roccioso e immarcescibile. Un colosso di pietra che in tal caso veste elegantissimo e indossa orologi dorati, con corvina tintura di capelli vistosamente sgargiante e una posa tronfia e un po’ rozza, nel suo stile d’altronde, da macho tutto d’un pezzo. Che si piega ma non si spezza, che si smonta ma poi si riassesta, tirandosi su la cravatta e annodandola al colletto sul suo corpulento e gagliardissimo petto da palestrato in ottima salute fisica.

Ma il suo Carter, sebbene anni luce lontano, almeno dal punto di vista finemente recitativo, rispetto all’algido e compassato iceman di Michael Caine, funziona a meraviglia e Sly, in non poche scene, mi è apparso quello di una volta, grintoso, nerboruto e cazzuto come adoro che lui sia.

E anche Sly credo che di questa sua rinata vigoria se ne fosse accorto, tant’è vero che subito dopo avrebbe recuperato i suoi iconici personaggi storici, Rocky (con Rocky Balboa) e Rambo (con John Rambo). Lanciandosi, senza sprezzo del pericolo, nella scommessa da lui vinta con la saga The Expendables.

Questa è la trama, molto ossuta e scheletrica, in contrapposizione appunto alla sua esibita robustezza manesca e forzuta da uomo molto in carne...

 

Jack Carter torna in città ma suo fratello è morto a causa di un incidente stradale. Almeno questa è la versione ufficiosa che lui apprende. Il fratello era sposato e ha avuto una figlia poco più che maggiorenne.

Carter comincia a indagare per conoscere la verità. Ed entra in stretto contatto con una ragazza (Rachael Leigh Cook) a quanto pare coinvolta e ricattata in un losco giro di prostituzione e pornografia, che fa capo al guercio Cyrus (Mickey Rourke).

Qui c’è puzza di marcio, è tutto sbagliato, caro Carter. E quella ragazza è stata scelleratamente sfruttata per biechi e luridi affari da vendicare...

 

Partiamo col dire che Kay gira bene, ha senso del ritmo e il film emana un sapore demodé da noir anni ottanta, aggiornato però e dunque rovinato, ahinoi, purtroppo soltanto dall’estetica videoclip di fine/inizio millennio. Infatti, La vendetta di Carter è uscito nel 2001.

È una pellicola, sì, certamente dalla sceneggiatura molto scontata e infantile ma che, nonostante tutto, ha il suo perché. Fosse innanzitutto per il cast che annovera fra le sue presenze anche Miranda Richardson, Alan Cumming, Rhona Mitra e Gretchen Mol.

E si avvale di un’efficacissima fotografia di Mauro Fiore, habitué di Antoine Fuqua e cinematographer di Avatar.

Stallone, come detto, è in palla, il film è tamarro come il Cyrus di Mickey Rourke ma è forse proprio nei duetti fra Sly e Mickey, compreso il furioso, doppio duello all’ultimo sangue finale, con la strepitosa From Rusholme with Love dei Mint Royale (utilizzata in un montaggio geniale con tanto di ganci e montanti in perfetta sintonia musicale) che il film nella sua grezza sincerità sa il fatto suo.

 

 

 

 

di Stefano Falotico

 

 

 

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