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La moglie del vescovo

Regia di Henry Koster vedi scheda film

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Tetsuo35

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La recensione su La moglie del vescovo

di Tetsuo35
7 stelle

La trama di questo film è terribilmente ruffiana: un angelo (!) a Natale (!!) viene sulla terra per aiutare un vescovo (!!!) a costruire una cattedrale (!!!!). Chiaramente l’aiuto di cui il religioso ha bisogno è più psicologico che pratico.
Ad aggravare il tutto il fatto di arrivare esattamente l’anno dopo rispetto all’inarrivabile It's a Wonderful Life di Capra (che reinventava da par suo il racconto di Natale di Dickens ribaltandone il baricentro - ad essere aiutato non era più il ricco, ma il povero) con il quale questo film ha più che sospetti punti di contatto.
Due cose però contribuiscono a salvare la baracca da queste disastrose premesse.
La prima è un cast di prim’ordine (Cary Grant nel ruolo dell’angelo Dudley, David Niven in quello del prete e Loretta Young in quello di sua moglie) che gigioneggia senza freni come inevitabilmente un film del genere richiede: Grant è al suo meglio, consapevolmente spudorato nello sciorinare sermoni senza imbarazzo alcuno con un perenne sorriso angelico stampato in faccia e arriva al punto di creare un interessante cortocircuito meta testuale dove non è più così chiaro se i personaggi nel film si innamorino istintivamente di lui in quanto sottaciuto angelo Dudley o in quanto conclamato divo Grant .
La seconda è una sfacciataggine nella messa in scena, che, specie nei momenti più ecumenici o smielati, anziché smorzare preme sull’acceleratore (un paio di esempi per tutti: il coro dei bambini che spuntano dal nulla e si inseriscono in una polifonia complessa costruita da voci assolutamente improbabili sotto la direzione dell’angelo Grant; la scena del pattinaggio in un ambiente talmente idilliaco da risultare palesemente artificiale e dove Grant e la Young scompaiono per lasciare il campo per 5 minuti buoni a controfigure gigione), creando un effetto paradossale (inconsapevolmente?) ironico che demistifica in tutto.
In sostanza se si accetta di stare al gioco scoperto, si esce dalla visione rasserenati e divertiti, come se un angelo (di cartapesta) fosse passato a nostra insaputa a trovarci. E comunque sempre “Buon Natale, cinematografo”

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