Espandi menu
cerca
Napoleon

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Na__zdrowie

Na__zdrowie

Iscritto dal 12 marzo 2024 Vai al suo profilo
  • Seguaci 1
  • Post -
  • Recensioni 1
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Napoleon

di Na__zdrowie
10 stelle

E se le inesattezze storiche fossero esse stesse elementi narrativi sui cui fare discorsi umani?

 

 

Ma gli storici sognano pecore elettriche? Recensione Napoleon (2023).

 

“Volevo infilare una pallottola tra gli occhi di tutti i panda che si rifiutano di fottere per salvare la loro specie, volevo aprire le valvole di scarico delle petroliere e inondare tutte le spiagge francesi che avrei visto, volevo respirare fumo. Volevo distruggere qualcosa di bello”. No, non è un celebre aforisma napoleonico, ma è Tyler Durden (Edward Norton/Brad Pitt) in Fight Club che si appresta a disintegrare a pugni la faccia d’angelo di Jared Leto. Nel guardare Napoleon al cinema ho attribuito a Ridley Scott il monologo qui sopramenzionato; sin dai primi istanti della pellicola, infatti, mi è parsa chiara la sua intenzione di “distruzione della bellezza” al fine di creare un qualcosa di autentico e a modo suo ‘bello’. In questo caso specifico l’idea è stata quella di destrutturare il mito e l’iconografia di Napoleone, andando a indagare la persona dietro la maschera da eroe, il Napoleone più infantile, puerile, patetico, geloso, dormiente, tragicomico, romantico e sofferente. Così come Killers of the flower moon di Scorsese, ci troviamo a dover discutere di un altro kolossal anti-climatico con una parabola discendente e priva di epica come ci si aspettava, ma dove molti ci vedono del male, io ci vedo del bene. Mi sento di dover intervenire, perché mi sembra assurdo che un film del genere venga considerato brutto da tutta una serie di storici improvvisati e non, fanatici del grande imperatore, esperti di tattica bellica, e da maschietti inorriditi per la rappresentazione satirica e caricaturale della figura machista per eccellenza. Insomma, un sentimento di astio tra gli uomini che in confronto quello creato da Barbie della Gerwig pare un fuoco di paglia, e per me lo è pure.

 

Certamente non hanno aiutato le dichiarazioni di Scott durante le interviste per la promozione del film, nelle quali ha riservato parole al veleno per i francesi e ha paragonato in modo molto goliardico e provocatorio, Napoleone a Hitler. Al film è stato contestato con veemenza di essere pieno zeppo di fallacie storiche e vuoti storici, e addirittura di fare della propaganda inglese, quasi come se fossimo ancora nel periodo delle guerre napoleoniche. Sulla questione inglese è abbastanza facile rispondere, visto che quelli a essere messi a nudo e in ridicolo sono tutti i politici e gli uomini di potere dell’epoca, a partire dal protagonista che è quello più ridicolo (perché semplicemente ha più minuti on screen) fino ad arrivare a quel bimbominchia dello Zar, l’ingordo austriaco, e appunto il duca britannico Wellington che ‘si bacia i gomiti’ a Waterloo all’ingresso in campo dei prussiani, dato che Napoleone stava dominando territorialmente fino a quel momento. Sulla questione dell’attendibilità storica, invito gli haters del film ad avere lo stesso approccio ‘scientifico’ e precisino per film come Il gladiatore, Braveheart, e tanti altri film che non sto a elencare, ma credo che rimarrebbero delusi dalle troiate storiche ivi presenti. Il problema però non è dei film, ma pensare che questi debbano essere per forza documentaristici e privi di qualsiasi interpretazione autoriale e su questo non mi dilungo ulteriormente perché è un pensiero davvero stupido.

 

Come non mi dilungo sull’aspetto tecnico del film, con un mix di campi lunghi, scenografie, costumi, fotografia, colonna sonora mozzafiato. La guerra di Austerlitz e l’incendio di Mosca sono da sindrome di Stendahl per quanto mi riguarda. Vi ricordo che Scott ha 86 anni e non solo ha curato personalmente tutti gli storyboard del film, ma ha dovuto riscrivere la sceneggiatura del mediocre David Scarpa, a causa dei dubbi e delle difficoltà di Phoenix nell’entrare nel personaggio. I difetti più grossi ed evidenti del film riguardano la sceneggiatura e il montaggio, si ha la sensazione che il film corra troppo, tanti cambiamenti delle dinamiche dei personaggi in gioco non hanno grande raccordo e continuità. Su questo si spera che la director’s cut di 4 ore possa tappare i buchi e dare più ampio respiro a molte scene, de facto, paradossalmente la durata di 2 ore e 38 minuti non risulta pesante ma anzi, con un andamento troppo veloce. Anche il trucco non è particolarmente efficace nel concretizzare l’invecchiamento dei personaggi.

 

Ridley Scott non fa un film biografico sulle imprese politiche e belliche di Napoleone, ma fa una satira, un po’ pop art, sfruttando i momenti iconici di questa figura così ingombrante e controversa che più sono entrati nel nostro immaginario collettivo, e che parla di sentimenti e dilemmi morali sfruttando il rapporto di dominanza e sottomissione reciproca tra Bonaparte e la moglie Giuseppina, interpretata da una Vanessa Kirby ‘Bonatutta’, vero fulcro della narrazione e che ricorda non poco l’amore malsano fatto di scambio di ruoli carnefice-vittima continui de Il filo nascosto, capolavoro incredibile di P.T.Anderson. Le scene di sesso tra i due, pur essendo ilari e grottesche aiutano a dare umanità ed empatia a questi personaggi e a renderli sotto un certo aspetto ‘veri’, denudandoli di ogni erotismo, soprattutto Phoenix come sempre in un’overperformance straordinaria. È proprio nel rapporto con la moglie che si coglie l’attanagliamento morale del protagonista, di fronte al quale è costretto a scegliere tra ambizione personale e affettività, tra la Francia e Josephine, tra una dimensione verticale e una orizzontale, tra l’immortalità post-mortem e una vita più serena, tranquilla e romantica, sempre con la moglie. Ovviamente Napoleone fa la scelta egoica, ma anche sofferta di mettere le radici, mandando avanti la sua progenie, tagliando fuori, per lo meno in termini di presenza fisica, Giuseppina, ed è qui che si nota il rimprovero di Scott a Napoleone, per il fatto di non essersi ritirato dalla sua carica pubblica per trascorrere più tempo con quella persona che dopotutto rappresentava affettivamente la sua famiglia. Una scelta che nel film lo porterà alla triste autodistruzione con tanto di pentimento non chiaramente espresso. Il dilemma morale è un dilemma che riguarda tutti: siamo sicuri che le onorificenze individuali siano più appaganti delle relazioni con le persone che ci vogliono bene?

 

Può e deve sicuramente far discutere la scelta di rendere in questo modo il film, ma l’uomo che ha diretto Alien e Blade runner, si può permettere questa licenza e non solo. La storicità degli eventi viene quasi metacinematograficamente svuotata e sostituita dall’autorialità, dal carattere e dall’arroganza dello stesso regista, che riflette l’arroganza stessa del Napoleone/Joaquin Phoenix che fa cose dissacranti, come bombardare le piramidi, scena che ha fatto discutere, essendo un falso storico, ma che metaforicamente espleta in maniera diretta il grande ego e la voglia di arrivismo insita nel generale francese. Un’altra scena geniale a mio avviso è il ‘faccia a faccia’ tra Napoleone sopra il rialzo, e la mummia del faraone morto, nel quale si immedesima profondamente, rendendosi conto solo più tardi, con la caduta di lato del teschio, che si tratta di un oggetto di antiquariato senza alcun potere, cosa che tra l’altro anticipa un po’ il finale, ossia la caduta sempre di lato di un morente Napoleone a sant’Elena, destinato anche lui a diventare in un qualche modo un reperto da museo, spogliato di ogni vana gloria conquistata in vita. Sempre sul finale fa sorridere vedere Napoleone con le due bambine che racconta (e questo potrebbe suggerire il fatto che ciò che è stato mostrato fino a quel momento non è altro che un flusso di coscienza tutto suo, fatto di esagerazione ma anche paure e fragilità che non ha mai rivelato, ma che noi spettatori abbiamo visto), mentendo, la sua versione dei fatti (come fa Scott col film) e rielabora le sue sconfitte, cercando di deresponsabilizzarsi delle sue colpe accusando altri; scena che ricorda inevitabilmente il finale di Toro Scatenato (Scorsese). Prima dei titoli di coda Scott conferma la sua sfacciataggine dedicando questo film al suo cane ‘Lulu’ e menziona il numero di morti causato dalle imprese belliche di Napoleone, rimarcando il fatto che per diventare leader e per espandere il proprio dominio non ci si può esimere dal fare stragi e massacri, concetto secondo me molto pessimistico e machiavellico (“il fine giustifica i mezzi”) e che riguarda tutte le più grandi personalità politiche e storiche del mondo, persino attuali, e che coinvolge soprattutto quelli che solitamente in maniera molto manichea vengono considerati i buoni nel modo più assoluto (es. Abramo Lincoln e Napoleone appunto).

 

Non so se questo film sarà rivalutato in futuro, ciò che è certo è che se Kubrick è il Dio del cinema, Ridley Scott può essere considerato un Napoleone che ha fatto la storia della settima arte, tra importanti capolavori e film meno riusciti, tra qualche Austerlitz e qualche Waterloo, e su questo “There’s nothing we can do”.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati