Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Pensare di raccontare in 156 minuti trent'anni di vita pubblica e privata di uno dei personaggi più complessi e contraddittori della storia umana era un'impresa che chiunque avrebbe fallito. In tal senso, il film si pone come mero bignami, riassuntino di fine capitolo che scontenterà gli appassionati di storia e scatenerà la caccia ad errori, incongruenze, anacronismi, banalizzazioni e facilonerie. Tutto vero ma il senso del film è altrove, è nella ricerca di un gusto nella messa in scena che intenda riflettere, come già accadeva in Gladiator, sullo Spettacolo come forma di potere. Da questo punto di vista, Ridley Scott non sbaglia un colpo ed imbastisce una meraviglia visiva formalmente straordinaria che raggiunge l'apice nella battaglia di Austerlitz.
Non c'è una sola sequenza che non tenti di riassumere in sé un discorso sul valore delle immagini contemporanee: superficiali, epidermiche, generiche, replicanti (d'altronde è o non è il regista di Blade Runner?), mai capaci di andare in profondità (tanto nella storia con la s minuscola quanto nella Storia con la S maiuscola), volgarmente effettistiche e melodrammatiche, ellittiche lì dove servirebbero pazienza, profondità, capacità di distinguo e tempo.
Tempo, appunto. 156 minuti per 30 anni che hanno cambiato per sempre l'Europa (e il mondo) sono troppo pochi. Le attuali democrazie del vecchio continente poggiano ancora le loro fondamenta in quei decenni ricchi di sconvolgimenti. Ma noi tutti, oggi, nel XXI secolo, tra uno scroll social e l'altro, tra un link Wikipedia e l'altro, tra un riassuntino veloce e l'altro, non abbiamo tempo o voglia di ricordarcelo. Ci basta un grande Spettacolo visivamente stratosferico ed imponente: il vero potere, oggi - ma forse anche all'epoca, e forse si iniziò davvero in quell'epoca a percepirlo così - passa dalla credibilità delle apparenze. L'homo sapiens è homo videns. In una sequenza che racchiude il senso del film, Napoleone si specchia con la mummia di un faraone, la scruta, prova col solo sguardo a penetrarne il mistero di un fascino glorioso e scomparso. Ma il segreto è forse richiudere il sarcofago, unica effigie (epidermica, superficiale, visiva - appunto) del vero potere, e andare avanti col bignami della propria storia che rischia di essere anche la nostra.
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