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Criminali da strapazzo

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Criminali da strapazzo

di EightAndHalf
8 stelle

"Small Time Crooks" ha anche troppi obbiettivi e troppe condanne per la sua irriverente e crudele satira, ma su una cosa non c'è dubbio: è una delle vette della comicità di Allen, dopo "Amore e guerra" e qualcun'altro dei suoi primi. Ma qui rinuncia decisamente a un assetto demenziale, a favore di una divertentissima storia di continui cambi, eventi, colpi di scena e personaggi tra lo stupido, l'irriverente e lo squallido. Sotto l'infierire di un'ironia spassosa e delirante, Allen racconta di un gruppo di nullatenenti che decidono di aprire un negozio di biscotti per fare da copertura alla realizzazione di un tunnel che arrivi alla banca adiacente per derubarla. Ma non hanno fatto i conti col Caso, grande nemico/amico del regista statunitense, Caso che senza tregua tramortisce e solleva i personaggi per poi inabissarli nuovamente. Le classi sociali vengono percorse dai due protagonisti (Woody Allen e sua moglie, Tracey Ullmann) con velocità e scaltrezza, senza che però nessuno dei due riesca a cambiare, benché il denaro rischi di separarli, insieme a un belloccio (Hugh Grant) che cerca di soffiare più denaro possibile alla Ullmann vendendo le proprie lezioni di cultura generale. La stessa cultura viene messa alla berlina, come arma di intellettuali snob, e questo permette di lasciar fuori questo piccolo capolavoro da qualunque concezione intellettualistica, tanto che a fine film non si riesce a comprendere oggettivamente una morale, se non quella della voglia giocherellona del destino. Sembra quasi il caso del finale di "Burn After Reading", anche se siamo a chilometri dal cinema dei Coen.
Allen rivela l'origine della sua comicità, o almeno presenta ufficialmente una collega in fatto di umorismo cinematografico (e anche letterario), Elaine May, che in questo film è il personaggio forse più divertente e più demente che si ricordi della filmografia del regista: incapace di intendere e di volere, cerca di mantenersi coerente con sé stessa, come il protagonista, anche da ricca (anche se il suo personaggio non ha ben chiaro sicuramente il significato di "coerente"), e quindi è sicuramente poco credibile quando osserva con serietà la famiglia matriarcale di "White Heat" di Walsh alla tv. E nell'ultima sequenza delizia con una delle scene più divertenti del film, in cui simula una serie di malattie una più improbabile dell'altra.
Distrutto così il mondo della nobiltà e del buon costume, trionfa un sentimento che può crescere solo in una certa umiltà, anzi no, in una grande rassegnazione. Imperdibile e esilarante anche all'ennesima visione.

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