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Farha

Regia di Darin J. Sallam vedi scheda film

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La recensione su Farha

di pazuzu
6 stelle

Non potendosi definire del tutto riuscito causa una falsa partenza prolungata che lo rende palesemente discontinuo, Farha si salva in virtù dei brividi dispensati nella successiva ora abbondante, rivelandosi come una discreta sorpresa (o, a seconda dei punti di vista, come una buona occasione persa).

 

 

Nel 1948, Farha è una ragazza palestinese con le idee chiare: alla faccia delle tradizioni locali, che con i suoi quattordici anni la vorrebbero già promessa sposa, ama la lettura e insiste per poter studiare in città, non facendone segreto con nessuno, anzi confidando nell'intercessione dello zio per convincere della cosa il padre sindaco, nella speranza di potersi trovare in classe con l'amica del cuore Farida, e coronare poi il suo sogno di diventare insegnante ed aprire una scuola per sole donne. Superate le resistenze del padre, che quindi le firma il documento di iscrizione alla scuola cittadina, la ragazza vede i suoi sogni sbriciolarsi quando di colpo le bombe israeliane piombano sul suo villaggio: invitata dal padre a scappare in macchina con Farida e il padre di lei, al momento lì presenti, sceglie di rimanere per stare accanto a lui, il quale, considerandolo il posto più sicuro, la chiude in una cantina vicino casa con la promessa di tornare appena possibile. Da quella cantina vedrà cose inenarrabili che la segneranno per sempre.

 

 

Farha è l'esordio sulla lunga distanza di Darin J. Sallam, regista e sceneggiatrice giordana che rivendica le proprie origini palestinesi e riferisce come la storia raccontata sia derivazione diretta di quella che alla madre giunse da una donna che sopravvisse al Nakba, ovvero "la catastrofe" del 1948, che ebbe inizio con il termine del Mandato Britannico e il contestuale ingresso degli israeliani in quei territori.
Fatta la tara del suo indubbio coinvolgimento emotivo, va detto che proprio la prima parte del film, quella che ne descrive il contesto storico, ne è di gran lunga la più debole: un po' per il livello non eccelso della recitazione, un po' per la grossolanità dei dialoghi, un po' per una narrazione che scorre via senza pathos e senza conflitti laddove ci si aspetterebbe di trovarne (il padre, inizialmente contrario all'iscrizione della ragazza a scuola, si convince in tempo zero senza che in realtà accada nulla).

 

 

Allo scoppio della prima bomba (è il minuto 23), di colpo, tutto cambia: una botta di adrenalina percorre il film, che si accende per poi correre filato fino alla fine. Sola nella cantina, Farha raccatta qualcosa da mangiare, si industria con dei cocci per raccogliere acqua piovana da bere, battezza l'angolo più angusto del locale per farne la propria latrina e, dalle fessure, vede il giorno e la notte darsi il cambio: il tutto per 25 minuti di pellicola nel corso dei quali non si vede né sente - oltre lei - anima viva; eppure, l'atmosfera è divenuta quella tesa di un thriller, e tale resta anche dopo, con la claustrofobia pronta a salire anche quando le anime vive tornano a farsi vedere e sentire, e non necessariamente con intenti amichevoli.
A conti fatti, non potendosi definire del tutto riuscito causa una falsa partenza prolungata che lo rende palesemente discontinuo, Farha si salva in virtù dei brividi dispensati nella successiva ora abbondante, rivelandosi come una discreta sorpresa (o, a seconda dei punti di vista, come una buona occasione persa).

 

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