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Chi lavora è perduto

Regia di Tinto Brass vedi scheda film

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claudio1959

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Chi lavora è perduto

di claudio1959
6 stelle

Chi lavora è perduto esordio di Tinto Brass un film invisibile che RARO VIDEO ha riportato in auge, un bellissimo apologo sociale e politico girato in modo sperimentale.

locandina

Chi lavora è perduto (1963): locandina

scena

Chi lavora è perduto (1963): scena

scena

Chi lavora è perduto (1963): scena

Pascale Audret, Sady Rebbot

Chi lavora è perduto (1963): Pascale Audret, Sady Rebbot

Chi lavora è perduto (In capo al mondo) Italia 1963 la trama: Bonifacio è un giovane art designer appena diplomato, che sta per entrare nel mondo del lavoro, che però non lo attira per niente. È un anarchico idealista, con due amici ricoverati in una clinica per malati mentali a causa del loro idealismo. Bonifacio allora si ribella al sistema che vorrebbe ingabbiarlo e comincia a vagare senza meta per le calli di Venezia. La recensione: il film è prodotto da Moris Ergas per la Zebra film noto imprenditore greco marito della nostra Sandra Milo. Il film fu bocciato dalla censura negli anni sessanta che impose dei tagli. Tinto Brass si rifiutò e fece uscire lo stesso il film nei cinema italiani nella sua versione integrale, con l’artifizio di cambiare il titolo del film da “In capo al mondo” a “Chi lavora è perduto. Trattasi del suo esordio, un film sperimentale sedimentato nello stile di Godard e del primo Ferreri autore finemente surrealista. Poi nel 1983 con “La chiave” con Stefania Sandrelli questo raffinato autore buttò via il suo talento con il cinema erotico più pruriginoso e bieco. Chi lavora è perduto è fortemente influenzato dalla Nouvelle Vague. Questa pellicola ha la capacità di mostrarci il disagio di Bonifacio che non si rassegna all’idea di un lavoro e la solita famiglia piccolo borghese. Il suo posto in un mondo nell’Italia pre - 68. Un film interamente recitato in veneziano stretto e difficilmente comprensibile, i sottotitoli avrebbe reso più fruibile la comprensione. Un film dallo stile scanzonato, corrosivo ed intinto nel curaro. Un film che vuole provocare e far riflettere. Il posto fisso viene illustrato dal regista come una gabbia non dorata, che priva la libertà ed è la morte dell’individuo, insomma una non vita senza sapore ed emozione. Viene inoltre presa di mira la religione ottusa ed il senso spinto ed esagerato di patria e famiglia. Tinto Brass era un uomo molto ironico e questo esordio lo caratterizza al meglio. Bella l’idea della voce off che narra la storia e ci fa sentire i pensieri del protagonista. Un film ancora acerbo, ma dal potenziale deflagrante. La bella fotografia è di Bruno Barcarol, il film è in bn, tranne una scena a colori di una manifestazione con le bandiere rosse. La colonna sonora briosa e spumeggiante del grande Piero Piccioni “musichiere” di fiducia del grande Alberto Sordi. La scenografia meravigliosa di Raul Schultz. Il montaggio che da ritmo al film e lo lega in modo armonico, senza essere sconnesso è dello stesso Tinto Brass. Voto 7 Interpreti e personaggi Sady Rebbot: Bonifacio Pascale Audret: Gabriella Franco Arcalli: Amico in manicomio Tino Buazzelli: Claudio Piero Vida Nando Angelini

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