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Drive My Car

Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film

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Dario1966

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La recensione su Drive My Car

di Dario1966
9 stelle

Un uomo di teatro tormentato da una perdita cerca di riconciliarsi con la vita, grazie ad alcuni incontri casuali e alla forza del suo amato Cechov. Dietro il velo esotico, una grande storia che parla al cuore di tutti gli uomini e donne

Yusuke, regista e attore di teatro esperto dei classici europei, accetta di mettere in scena a Hiroshima uno Zia Vanja sperimentale, con una compagnia di attori di vari paesi asiatici, che recitano nelle proprie lingue. Nel cuore porta il dolore della scomparsa di sua moglie, la bella e infedele Oto, e le appassionate parole di Cechov non lo aiutano a rimuovere quel peso. La produzione gli impone di servirsi di una giovane autista, silenziosa e riservata quanto lui, ma i due riusciranno ad entrare in confidenza, offrendo e ricevendo ascolto reciproco delle loro pene, soprattutto dei loro sensi di colpa verso chi non c'è più. Tre ore di vita, di teatro, di viaggi su una vecchia Saab rosso fiammante, vera protagonista del film.

Parto da una domanda: cosa cerca oggi chi va a vedere un film giapponese di 180 minuti? Cerca (e trova) parole, pensieri e immagini che anche il cinema occidentale un tempo esprimeva più spesso, oggi stritolate da una logica commerciale che magari aumenta gli schermi ma lascia le briciole ai film d'autore. Cerca un cinema che non ha paura del silenzio che, tranquilli, i telefonini dei nostri "adulti" cafoni provvederanno a spezzare (due volte, nella mia proiezione). E' ovvio che non è un'opera fatta per folle oceaniche: una limatura al minutaggio l'avrebbe resa più fruibile senza sminuirla, e lo svolgimento può apparire tutto sommato prevedibile, certo che dopo 120 anni abbondanti di cinema è difficile proporre qualcosa di assolutamente inedito. Ma non pensiate che sia un'opera "troppo orientale", indigesta per un pubblico europeo o americano, la serie impressionante di premi che ha conquistato è lì a dimostrarlo. Sulla Saab di Yusuke c'è posto per tutti, la guida prudente e professionale di Misaki, senza scossoni, vi trasmetterà calma e serenità. Al resto ci pensa Cechov. La buona Russia. Ricordo uno Zio Vanja e sinceramente non ne avevo un ricordo esaltante, ma lo script dello stesso regista Hamaguchi distilla le parole del maestro russo dandogli nuova vita, come se le ascoltassimo per la prima volta, grazie anche allo straordinario personaggio di una interprete sordomuta, che si esprime nella lingua dei segni: la sua muta gestualità paradossalmente moltiplica la forza delle frasi di Cechov, le fa veramente risuonare dentro di noi. Yusuke trionfa sul palcoscenico e prova a riconciliarsi con la vita, con il suo passato, con i suoi morti. E qualcosa del genere accadrà anche a voi, se vi abbandonerete alla forza gentile di questo racconto. Salite in macchina, e buon viaggio.

 

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