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Drive My Car

Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film

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La recensione su Drive My Car

di lino99
8 stelle

locandina

Drive My Car (2021): locandina

Un dramma psicologico che non bada al minutaggio, comunicandolo in primis con la collocazione dei titoli di testa dopo la prima mezz’ora, e quindi la fine di un preambolo importante alla storia principale (si mostra la fine di un rapporto che continua solo grazie al silenzio di lui, e che viene troncato da un evento inaspettato). Il protagonista, regista teatrale dal carattere molto riservato e distaccato, possiede come stati d’animo interiorizzazione delle delusioni, attaccamento alla partner e affinità di passioni, paura della solitudine e del giudizio degli altri. Infatti dai dialoghi telegrafici, che talvolta, a seconda dell’interlocutore, diventano più espliciti nel descrivere la sua condizione esistenziale, e dalla costante apatia si comprende che il personaggio, nonostante una carriera non banale, faccia fatica a trovare una propria identità e ad uscire da una forte dipendenza dall’anima gemella, a tal punto da esistere in funzione del suo ricordo, del tentativo di farla rivivere attraverso le parole e l’arte (il metodo usato in macchina per memorizzare le battute dello spettacolo è diventata la modalità principale di sentire la presenza di lei, dato che è la sua voce registrata). La regia statica, che spesso non rispetta le linee di sguardo, altera e confonde i punti di vista dei personaggi (nei dialoghi di gruppo è affascinante il cambio repentino di piano in piano, soprattutto sul viso della ragazza guidatrice, serissima e che condivide con il protagonista le conseguenze del trauma e del senso di colpa), e l’altezza della camera è raramente bassa, valorizzando il senso di incompletezza di lui, della necessità di far percepire che senza uditori lui non ha niente da dire. La sequenza più riuscita è il dialogo notturno in macchina con il ragazzo, che deve interpretare il protagonista dello spettacolo, in cui l’economia delle angolature della camera (campo e controcampo sui due volti) mette in risalto gli sguardi magnetici, alla ricerca di informazioni per conoscere meglio la donna amata, senza ricorrere a colpi di scena sulle reazioni di ciascuno. La cornice della preparazione di “Zio Vanja” di Cechov presenta delle assonanze con la vita del regista che spesso sono menzionate da quest’ultimo e dallo svolgimento della trama, e il finale lo ricorda attraverso la somiglianza tra il dialogo finale della trama del film e di quella dell’opera teatrale. 

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