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Daliland

Regia di Mary Harron vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Daliland

di Andreotti_Ciro
6 stelle

Mary Harron, dopo aver diretto Ho sparato a Andy Warhol(I Shot Andy Warhol, 1996) sul tentativo di omicidio nel quale rimase coinvolto il pittore originario di Pittsburgh. La scandalosa vita di Bettie Page (The Notorious Bettie Page, 2005) sulla vita della Pin Up Bondage Bettie Page e Charlie Says (id., 2018), sulle gesta del serial killer Charles Manson, si cimenta ancora una volta nella narrazione di eventi e personaggi realmente esistiti, offrendo a Ben Kingsley una parte cucita sulle sue spalle decisamente capaci al punto che il Salvador Dalì portato in scena dal Sir Inglese risulta incredibilmente somigliante all’artista catalano.

 

Kingsley riesce infatti a creare attorno alla star della pittura contemporanea un’aurea di decadentismo. Una star vista attraverso gli occhi del giovane James, impersonato dal venticinquenne Christopher Briney, divenuto famoso grazie alla serie sentimentale L’estate nei tuoi occhi(The Summer I Turned Pretty, 2022). Dalì viene visto come un genio cui avvicinarsi per carpirne segreti, ma che alla fine restituirà al giovane la figura di un uomo in preda alle sue manie di grandezza, che parla di sé in terza persona, ma anche mostrandocelo in ogni sua debolezza e angoscia a causa di una fine che immagina come imminente, ma che arriverà solo a fine anni ‘80, pur essendo anticipata dal peggiorarsi delle sue condizioni di salute, dettate da un Parkinson che non sa dar tregua e stabilità alle sue mani.

 

Il Dalì che si muove nella New York dei ‘70, fra un party e i problemi sentimentali con la sua musa Gala, non riesce però a essere scalfito più di troppo dal tentativo di capirne il suo genio. E alla fine la pellicola riesce solamente in parte a restituire quanto potesse essere controversa la figura del pittore di Figueres che tutti vedevano ormai semplicemente come un artista in declino la cui scomparsa avrebbe aumentato esponenzialmente il valore delle sue opere.

 

Al tempo stesso la regista, divenuta celebre per la trasposizione del romanzo di Bret Easton EllisAmerican Psycho (id., 2000) ha il merito di aver cercato di riportare in scena la figura di uno dei più visionari artisti dello scorso secolo, donandogli le sembianze di uno fra i maggiori interpreti del teatro contemporaneo.

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