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L'ombra del passato

Regia di Jonathan Demme vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ombra del passato

di yume
10 stelle

Film colpevolmente rimosso dalla memoria cinematografica, flop al botteghino e ignorato dalla distribuzione a suo tempo (1998), tratto dal romanzo omonimo del nobel Tony Morrison, si offre con potente magnetismo nel racconto, cattura fin dalla prima scena a cui, con puntuale Ringcomposition, si salderà la fine della storia.

 

 

La scoperta del retroterra della vicenda e del vissuto dei personaggi procede per continue analessi, squarci improvvisi, violente lame di luce a squarciare scenari infernali.

Lo spettatore è chiamato a lavorare alla ricostruzione di un puzzle che segue un percorso nella memoria di Sethe, la schiava nera affrancata, che per un breve attimo trova pace con i suoi figli nella fattoria di nonna Soux.

L'arrivo dei bianchi, venuti ad esigere nei suoi figlioletti la merce umana frutto della compravendita legalmente riconosciuta dallo Stato, sconvolge nella sua mente il faticoso equilibrio ritrovato dopo esperienze di inenarrabile  sofferenza, e in una scena memorabile di disperazione e orrore li ucciderà  per riappropriarsene e sottrarli, lei barbara, alla vera barbarie del mondo che si presume civilizzato: ”Preferisco saperli in pace in cielo che all’inferno qui sulla terra”.

 

Medea nera, non approderà sul carro del sole a cui la pietà della tragedia consegnò l'eroina classica.

Il teatro della storia umana non prevede prospettive salvifiche, nè l'irrazionale impulso dionisiaco si ricompone nella compostezza apollinea.

Da abissi di sopraffazione e violenza (Ohio di metà '800, fra schiavi neri e padroni bianchi) sono sopravvissute lei e la figlia Denver come larve umane, isolate dal resto del mondo, in una casa ai margini, dove Sethe ha relegato sé stessa e la figlia, prigione di presenze minacciose, fantasmatiche, che traducono le Erinni della colpa in ossessioni e fobie, fino a prendere corpo nella comparsa di Beloved, forse una realtà o forse un sogno, una materializzazione  dell'inconscio, impossibile dirlo.

Demme gioca su sottili ambiguità spiazzanti, costringe a guardare nel fondo di queste anime attraverso parole, gesti, primi piani folgoranti che si allargano in riprese di splendidi scenari naturali.

Nella vita delle due donne arrivano prima Paul, redivivo dopo 18 anni, portatore di un sano spirito di razionale e rassicurante concretezza, carico di ricordi e tasselli che aiuteranno Sethe nella ricostruzione di quel passato che l’ha segnata, poi Beloved, figura inquietante, infantile e disturbante, dolce e minacciosa insieme, forse la figlia ritrovata, forse la sorella desiderata, emersa dal nulla, tornata da una dimensione certamente “altra”, dove “ci sono persone morte”, venuta “per vedere il suo viso”, dice con la sua strana vocina, quello della madre, di Sethe, la madre che l’ha uccisa? che l’ha abbandonata?

C’è in Beloved, che si muove a scatti nevrotici, parla per lallazioni e frammenti dalla decodifica oscura, passa da stati catatonici a scatenamenti motori terrificanti, una conoscenza inspiegabile di oggetti e fatti, un alone di mistero che Sethe mostra di non avvertire come invece accade a Paul e Denver, le due figure ancorate alla realtà.

Amore e odio convivono in Beloved, in un susseguirsi di gesti e parole che avvolgono Sethe in una spirale che la porterà sull’orlo della follia.

 

Infine Beloved sparirà, risucchiata nell’ urlo immenso del suo corpo gravido,violato, sulla porta di casa, mentre la sua mano lascerà lentamente quella della madre, in un distacco che ora è definitivo.

Demme assegna al racconto un ritmo lento, denso di sonorità spondaiche, interrotte da altissimi strazianti (le urla di Beloved) e cadenze da gospel nelle parole di nonna Soux, altra grande figura del film, donna sapiente, custode delle tradizioni di una cultura calpestata dai bianchi, Gran Madre in cui Sethe aveva potuto vedere “come erano i negri quando erano liberi”.

Nei suoi rituali riecheggiano i canti dell’orgoglio nero:

"When I get to Heaven I'm going to sing and shout / 'Cause nobody there's going to turn me out" “quando andrò in cielo canterò e griderò / Perché nessuno mi zittirà"

a cui dolorosamente si oppongono le parole tremende di Sethe che racconta a Paul il suo martirio:

C’è uno sguardo che hanno i bianchi, quello sguardo del giusto uguale allo sventolio di una bandiera vittoriosa, quel senso del giusto che esprimono con la frusta, con i pugni e che si manifesta molto prima che la loro violenza esploda”.

Potente affresco di un’epoca e ritratto di una società uscita dai cardini, il film si chiude sulle ultime parole di nonna Soux:

 E il battito del vostro cuore amatelo più dei vostri polmoni, che servono per respirare l’aria della libertà, più del grembo che porta la vita, più delle parti più segrete che danno la vita,amate il vostro cuore, questo è il premio”.

 

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