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House of Gucci

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su House of Gucci

di Gangs 87
6 stelle

A quasi ventisette anni dall’omicidio di Maurizio Gucci, rampollo ed erede (quasi) unico del prestigioso marchio di moda, si è detto e scritto tutto. La sua storia non è mistero a tal punto che farne un film potrebbe sembrare quasi superfluo, non per Ridley Scott, a quanto pare. Senza badare a spese, il regista americano ha deciso di prendere una manciata di attor(on)i e dirigerli in quello che da molti è stato definito il film più trash degli ultimi anni. Eppure non sono d’accordo.

 

Nonostante la presenza, sempre eccessiva di Lady Gaga, nei panni di Patrizia Reggiani (poteva essere altrimenti?) e quella mai troppo presente di Adam Driver (che credo sia uno degli attori più sopravvalutati degli ultimi tempi) a livellare queste non-sceniche presenze c’è il veterano Al Pacino e il sublime Jared Leto che giocano a padre e figlio (i due sono rispettivamente Aldo e Paolo Gucci, zio e cugino di Maurizio) in modo poco credibile ma senz’altro scenico.

 

Ricapitolando quindi Scott dirige una pellicola prevedibile, con un cast di grandi nomi ma di non eccelse capacità artistiche (siamo quindi al 50 e 50) eppure a me il film è piaciuto o meglio, non mi è dispiaciuto. Sorvolando sul modo poco consono su cui vengono tradotti certi dialoghi (colpa del doppiaggio) o sulla musica forzatamente italiana utilizzata in sottofondo, l’ultima fatica di Scott possiede una sorta di filo carismatico capace di condurre lo spettatore fino ai titoli di coda senza farlo sbadigliare.

 

Resta comunque una sceneggiatura improntata principalmente sulla figura della Reggiani e sulla sua sete di denaro e potere, tralasciando troppo spesso quelli che sarebbero dovuti essere i principali protagonisti della narrazione che diventa evasiva e incompleta, sommaria, quando si tratta di raccontare la storia della famiglia di cui la pellicola porta il titolo, lasciano un senso di incoerenza che si trascina per tutta la durata del film e che è poi l’unica sensazione che ti resta addosso anche dopo la visione della stessa.

 

Ovviamente inutile dire che si serve di costumi e di una fotografia impeccabili, peccando invece in inquadrature laddove Scott ci riserva sequenza regolari senza prendersi mai la briga di qualche "colpo di testa", lasciando l'impressione di una pellicola ben fatta ma frammentaria che tenta di raccontare una storia che è forse troppo nota e troppo piena di dettagli per essere opportunamente ridotta nella durata media di una pellicola; forse sarebbe stata un ottimo soggetto per una delle serie di American Crime Story ma ormai…

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