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Policarpo, ufficiale di scrittura

Regia di Mario Soldati vedi scheda film

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La recensione su Policarpo, ufficiale di scrittura

di jonas
6 stelle

Disavventure di un impiegatuccio ministeriale nella Roma umbertina, fra ristrettezze economiche e velleità di ascesa sociale, mentre l’avvento delle macchine da scrivere sta per soppiantare (con l’aiuto di qualche bustarella) l’arte della calligrafia. Soldati, al suo ultimo film, torna a raccontare l’ambiente e il tipo umano protagonista di Le miserie del signor Travet: il capofamiglia piccolo borghese orgoglioso del suo status e deciso a non confondersi con il proletariato. Rascel, in un ruolo identico a quello de Il cappotto, non fa ridere neanche per sbaglio, e la cosa non sarebbe tanto grave se lui non fosse convinto del contrario (con una spalla come Peppino, non è difficile immaginare cosa avrebbe fatto Totò); però alla fine si riscatta cantando Il mondo cambia, espressione del malinconico conservatorismo di chi sa di non poter restare al passo coi tempi (e velata allusione autobiografica del regista). Comunque nel film non c’è solo lui, anzi è il contorno a rivelarsi più interessante: soprattutto la figlia Carla Gravina, fulcro delle tensioni familiari (i genitori la spingono a un matrimonio d’interesse col figlio del capufficio, ma lei vuol bene al popolano Renato Salvatori) e lavorative (l’ingresso delle donne nelle fabbriche viene osteggiato dagli operai, che si sentono minacciati nella loro identità). Da ricordare una nutrita serie di partecipazioni straordinarie non segnalate nei titoli e limitate a un’unica scena: Sordi, De Sica, Tognazzi e altri ancora.

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