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È stata la mano di Dio

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su È stata la mano di Dio

di diomede917
8 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: È STATA LA MANO DI DIO

 

Credo che sia una cosa appurata e consolidata che Paolo Sorrentino sia il regista più felliniano tra i registi attuali.

Se La Grande Bellezza era la sua personale Dolce Vita e Youth il suo 8 e ½, È stata la mano di Dio è il suo personalissimo Amarcord.

È il sentire davvero il bisogno, il capire che sia arrivato il momento giusto per elaborare il suo lutto e condividere il suo dolore con le persone che lui ama di più: il suo pubblico.

E per farlo ritorna sul luogo del delitto, Napoli. Quella Napoli narrata solo nel suo film d’esordio “L’uomo in più” e sempre rimasta sullo sfondo grazie il suo Alter Ego Toni Servillo.

Con È stata la mano di Dio capiamo come sono nati i suoi eccessi, le sue ossessioni e i suoi simboli feticcio. Capiamo il perché abbia dedicato il suo Premio Oscar a Maradona e perché lo abbia omaggiato in quell’interminabile palleggio in Youth.

Capiamo anche come mai “La Morte” sia una costante di tutti i suoi film, un’ombra che lo ha accompagnato e lo accompagnerà in tutta la sua filmografia. Che sia la Morte di Agostino Di Bartolomei che ha ispirato Antonio Pisapia, che sia il sacrificio di Titta Di Gerolamo come Conseguenza dell’amore o che sia il rituale del funerale spiegato da Jep Gambardella ad una stupita Ramona.

Con È stata la mano di Dio, Paolo Sorrentino chiude i conti col suo destino regalandoci il suo film più personale ma al tempo stesso facendo il suo film meno Sorrentiniano. Un Film che punta tutto sulla sostanza che sulla forma, sul messaggio interiore che sull’estetica barocca sempre presente nei suoi film.

Paolo Sorrentino ci invita a casa sua, ci presenta la sua famiglia, ci invita a pranzo che un posto a tavola si trova sempre, ci invita a conoscere Napoli. Ci invita a guardare il mondo con i suoi occhi, perché lui è il ragazzo che sa solo osservare la realtà. Una realtà così scadente da sognarne una migliore solo attraverso la realizzazione di film, una realtà così scadente che solo l’arrivo di Diego Armando Maradona può ribaltare. Perché quel primo scudetto è il simbolo di una rivalsa sociale, perché Maradona ha portato Napoli in cima al mondo.

La rielaborazione della perdita dei genitori in modo così tragico è semplicemente un cavallo di Troia dove Paolo Sorrentino si apre a noi.

Ci racconta la sua adolescenza, del suo amore verso un padre carismatico e una mamma divertente sempre in vena di fare scherzi, di un fischio come richiamo d'amore ma anche di ultimo modo per dirsi ti amo, del suo amore platonico verso la prorompente Zia Patrizia (una Luisa Rainieri da premio), del suo nucleo familiare bizzarro e del suo unico amico contrabbandiere conosciuto allo stadio, della sua inaspettata prima volta e di quegli incontri che ti cambiano la vita. Che si chiamino Diego Armando Maradona o Antonio Capuano.

E in tutta questa intimità che mette in condivisione non può mancare il cinema, non può mancare Fellini sotto forma di un provino mancato dal fratello, non può mancare Zeffirelli sotto forma di un diabolico scherzo e non può mancare il suo film preferito C’era una volta in America sotto forma di un vhs che nessuno vedrà mai ma che rimarrà vicino alla TV in attesa di essere scoperto.

E come colonna sonora Pino Daniele, forse sarà anche banale quel Napul’è che accompagna quel viaggio verso Roma in treno (un viaggio che ricorda quello di Totò in Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore) ma come prende il cuore quel primo piano di Fabietto Schisà ormai diventato grande da chiamarsi Fabio con le sue immancabili cuffie del suo Walk man che lo accompagneranno verso la sua nuova vita chiamata Cinema.

Voto 8

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