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L'arminuta

Regia di Giuseppe Bonito vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'arminuta

di axe
7 stelle

Metà anni '70, una qualche località nell'entroterra pescarese. Una ragazzina tredicenne, cresciuta in città ed educata in un ambiente benestante, è condotta presso un casolare di campagna ed affidata alla famiglia che l'abita, numerosa e povera. Le viene spiegato che ciò accade a causa di una malattia della madre; ma ben presto apprende che i genitori naturali sono, in realtà, i capifamiglia della casa colonica. La giovane, accolta in modo diverso da ciascun membro della famiglia, matura un forte risentimento sia verso la vera madre, sia verso le persone che l'hanno cresciuta; pur vivendo nel dolore, che si rinnova man mano che apprende dettagli circa le sue origini, avvia un percorso di accettazione della sua nuova dimensione esistenziale. Tratto da romanzo della scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio, l'Arminuta - unico nome con il quale conosciamo la protagonista, in realtà un soprannome, traducibile dal dialetto locale in "la ritornata" - è un'opera che racconta di un doppio abbandono. Il primo è descritto nell'incipit. Priva di bagaglio, la protagonista si trova, d'improvviso, in un ambiente sconosciuto ed in parte ostile. La sua famiglia naturale è composta da un padre silente ed apparentemente indifferente; una madre indurità da anni di difficoltà quotidiane; due fratelli minori che vedono nella nuova venuta un'intrusa; una sorellina - Adriana - che è l'unica a mostrarle dolcezza, ed un fratello maggiore - Vincenzo - che immediatamente s'invaghisce di lei, essendo incapace di comprendere il legame di sangue. Ciò è comprensibile, poichè l'"Arminuta" è estranea a queste persone ed al loro ambiente. Queste persone vivono del lavoro malpagato del capofamiglia; di quanto riesce a racimolare Vincenzo, con il suo lavoro a giornata; dei magri frutti della terra. La giovane matura acredine contro l'intero contesto; tanto verso la madre naturale - neppure la tragedia che sconvolge la famiglia muta il suo atteggiamento - quanto verso quei genitori che scopre essere adottivi, i quali, pur garantendole sostentamento materiale, le negano l'amore filiale. Un dettaglio dopo l'altro, scopre di essere non al primo, bensì al secondo abbandono. Momentaneamente privi di reddito e con già molte bocche da sfamare, i genitori l'affidarono, neonata, a lontani parenti, benestanti, ma impossibilitati ad avere figli, probabilmente per una difficoltà del componente maschile della coppia. Rimasta incinta di un altro uomo, Adalgisa, la madre adottiva, s'è rifatta una vita con quest'ultimo. Ma non è una maternità felice, come può constatare in epilogo, l'"Arminuta"; le comodità di una casa cittadina e gli agi borghesi non riescono a nascondere una miseria morale che non è possibile rilevare nei poveri ambienti del casolare di campagna, luogo il quale, nonostante le lacerazioni dell'animo, la ragazza può iniziare a considerare "casa propria". Buona interpretazione per la giovanissima Sofia Fiore. Ben riesce nell'interpretazione di un ruolo reso complesso dal dover bilanciare l'istinto - e l'egoismo - della gioventù con la capacità di autocontrollo, maturata in tanti anni di educazione raffinata, ma messa a dura prova dagli eventi. Ben caratterizzati i genitori naturali, in particolare la madre, donna temprata dai dolori, il cui ruolo è messo in discussione dalla figlia "ritornata", che la considera un'estranea. Realistiche, infine, le ambientazioni. Sequenze urbane mostrano benessere ed eleganza, la luminosità delle quali contrasta con l'oscurità degli ambienti paesani, privi di qualsivoglia attrattiva e culturalmente arretrati. Emerge con forza la distanza, sociale più che chilometrica, tra città - ove si parla italiano - e campagna - i cui abitanti si esprimono in accento e dialetto dell'area pescarese (comunque comprensibile allo spettatore). Il tono è estremamente drammatico, benchè l'epilogo apra alla speranza. Non manca la tensione, generata dal cadenzato rilascio dei dettagli circa il doppio abbandono della protagonista. Il film è avvincente nonostante il ritmo molto lento; difficile rimanere indifferenti al dramma portato in scena, tra un continuo rinnovarsi del dolore della "Arminuta" e piccoli spiragli di speranza.

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